La Storia di Richard Lancaster - O-14 anni
6 giugno 1966. Lunedì.
Sono passate da poco le nove di mattina e il sole getta la sua luce all’interno della stanza numero quattordici del St. Richard’s Hospital di Chichester. E’ una camera spoglia, solo un mazzo di fiori spezza la monotonia del bianco. All’esterno della porta di legno è appeso un fiocco azzurro. Pazienti e medici passano lungo il corridoio, infestato dall’odore pungente di medicinali e disinfettante, gettando uno sguardo al fiocco e sorridendo. Condividono la gioia della ragazza che è appena diventata madre, seppur fino a qualche giorno prima nessuno di loro la conoscesse.
Dalhia, però non è più una ragazza.
E’ una donna, ormai, nonostante abbia da poco compiuto ventiquattro anni. Nei suoi occhi la scintilla della gioventù è soltanto un vago ricordo, ucciso dal tempo. Un tempo tiranno e maledetto. I dolori e le cicatrici del passato sono vive, gridano e mordono ancora il suo corpo, ma non ora, non in quel momento. Ora gli occhi di lei si perdono in quelli azzurri del piccolo maschietto che tiene tra le braccia. Lei che si è sempre sentita debole, stringendo quel bambino così fragile, si sente la donna più forte del mondo. Lui è sangue del suo sangue. Un meraviglioso dono del cielo. Guarda il piccolo e ringrazia il cielo.
Non è stato un parto facile ed è solo per la bravura dei medici che lui è salvo. L’ha chiamato Richard, come il santo della città di Chicester, da cui prende il nome l’ospedale. E’ sempre stata una ragazza molto religiosa e questo le sembra il minimo che possa fare.
Richard Lancaster. Suona anche bene, pensa distrattamente.
Lui sarà l’unico uomo della sua vita. Non come quel figlio di puttana che dopo averla messa incinta è fuggito chissà dove. Quello era solo l’uomo sbagliato nel momento sbagliato. Si erano conosciuti una sera in un locale e dopo qualche bacio e qualche drink si erano salutati. Nei giorni seguenti avevano cominciato a frequentarsi assiduamente. Giravano per i locali, guardavano film dell’orrore nei Drive In, passavano serate sdraiati tra i ciuffi d’erba ad osservare il sorriso argentato delle luna e quelle perle luminose conosciute come stelle.
Tutto sembrava perfetto, fin troppo…
Una sera, dopo svariate coccole e baci, finirono sotto le coperte. La passione e la voglia era immensa al punto che entrambi si dimenticarono di usare precauzioni. Solo quando i loro spiriti si raffreddarono presero atto dell’accaduto. Lui sdrammatizzò dicendole che non doveva per forza succedere.
Successe.
Quando lei gli rivelò di essere incinta lui fuggì chissà dove, senza lasciare traccia. Lei provò più e più volte a rintracciarlo, ma niente da fare. Pianse per notti intere, fino a quando le lacrime non diventarono sorrisi prima e risate poi. Aveva trovato un coglione, niente di grave. Il mondo ne è pieno. Ora aveva altro a cui pensare. Dentro di lei stava crescendo una nuova vita e doveva prendersene cura nel migliore dei modi.
Voleva e doveva essere la madre migliore del mondo. E se fosse stato un ometto, si sarebbe impegnata per renderlo un Uomo, quella rara specie di maschio in via d’estinzione. Gli avrebbe insegnato il vero significato di amore e grazie all’amore sarebbe diventato un principe.
Ora, nove mesi dopo, stringendo tra le braccia il piccolo Richard, ancora persa nei suoi innocenti occhi azzurri, ne era sempre più convinta. Diventerai un principe piccolo mio, ne sono sicura. Troverai la tua principessa e sarete immensamente felici.
I giorni passavano in fretta e Dahlia era sempre più innamorata di suo figlio. Sentiva crescere dentro di lei quell’amore così strano e speciale che solo le madri sanno provare. Aveva portato dentro di sé per nove mesi quel piccolo sogno, ed ora lui era una grande e meravigliosa realtà. All’inizio era stata scettica, bisogna essere onesti, ma col passare del tempo aveva abbandonato del tutto l’idea dell’aborto. Ora era felice di non aver fatto quella scelta.
Ogni sera, prima di metterlo a letto, le leggeva una fiaba e le ricordava cosa sarebbe diventato un giorno. Principe, quella parola si stava insinuando sempre di più nella mente del piccolo Richard, come un serpente dalle zanne d’acciaio.
Passarono i giorni e passarono gli anni.
Richard cresceva forte e sano e felice. Sua madre non le faceva mancare assolutamente nulla. Lo coccolava e giocava con lui. Non avevano soldi, Dalhia aveva un lavoro part-time in un piccolo bar, però lei aveva sempre fatto il meglio per il suo principe. Durante le ore ricavava nuovi giocattoli da scatole di cartone o pezzi di legno. Non era mai stanca quando si trattava di Richard. Lui era una fonte infinita di energia, era la gomma lucente che cancella l’oscuro passato. La vita dopo la morte.
Quando iniziò le scuole Richard si rivelò un ottimo studente. La sua mente era molto elastica e predisposta all’apprendimento. I maestri era molto affascinati dal suo potenziale. Lui capiva al volo ogni cosa e non aveva bisogno di costanti sgridate. Stava seduto in modo composto e ascoltava la lezione in silenzio, senza mai interrompere. Inoltre il rapporto con gli altri bambini era idilliaco. In breve tempo diventò il fulcro principale della classe. Se Richard faceva, gli altri facevano. Ad ogni riunione con i maestri piovevano complimenti per il piccolo Richard e per sua madre, che lo stava crescendo alla perfezione. Dahlia era sempre più contenta di vedere il suo piccolo principino diventare un principe. Era immensamente fiera ed orgogliosa di lui.
Le elementari volarono via rapide come una folata di vento, senza alcun problema. Cambiarono le materie, cambiarono i maestri, ma non cambiò l’opinione che ognuno di loro si faceva di Richard. Un bambino così perfetto ed educato da sembrare finto. Il figlio che ogni madre vorrebbe.
D'altronde crescere un figlio è una metaforica gara. Ogni madre addestra il proprio figlio per essere migliore di quello delle altre madri. Durante una verifica non importa il voto in sé, l’importante è che sia il più alto della classe. Questo per Dahlia non fu mai un problema. Lei, che non era per niente interessata a gareggiare con le altre madri, aveva il bambino perfetto.
Richard non solo fu promosso con il voto massimo, ma fu anche il miglior alunno di tutta la scuola. In tutti i cinque anni non aveva mai preso un voto inferiore al dieci.
Dopo aver cominciato a frequentare le scuole medie, Richard cominciò a capire il vero potenziale di cui disponeva. Gli insegnanti erano sempre orgoglio si lui e lo reputavano uno studente modello. Partecipava a tutte le riunioni dell’istituto ed erano in molti a tenere in considerazione il suo parere. Nonostante avesse soltanto undici anni, a volte sembrava un vero uomo. Quando tornava a casa da scuola, prima di fare i compiti svolgeva le faccende di casa, in modo che non dovesse pensarci sua madre al rientro dal lavoro. Il primo periodo di scuola, tuttavia, non fu facilissimo. Nel periodo delle scuole medie, i ragazzi che prendono sul serio lo studio, impegnandosi a fondo, invece di uscire a divertirsi, si guadagnano la nomina di Sfigato e Secchione. A Richard non importava. Lui era così, punto e basta. Sua madre era sempre stata chiara su certi argomenti. Col passare del tempo questo “problema” si risolse da solo. Le ragazze facevano a gara per conquistarlo, attirate non soltanto dal suo aspetto, ma anche dalla maturità che dimostrava e di conseguenza i ragazzi cominciarono a idolatrarlo come un dio. Solo l’anno dopo Richard era già diventato un icona per l’istituto. Lui accolse quella situazione con felicità e terrore.
Quando molte persone nutrono grandi aspettative nei nostri confronti si ha sempre paura. E’ come se una tenaglia invisibile ci stringesse l’anima e si ha costantemente paura di fallire, deludendo tutte quelle persone. In queste situazioni, commettere errori è ancora più facile. La pressione non è quasi mai una cosa bella. E Richard non era diverso. C’erano pomeriggi in cui le lacrime bagnavano i libri e le mani tremavano. Sapeva che niente sarebbe potuto andare male, il buon voto era assicurato. Quello che lo spaventava era l’idea di non essere il migliore della classe. Per la prima volta. Temeva per la felicità di sua madre. Lei era orgogliosa di lui e non mancava mai di farglielo notare. Stai diventando un vero principe Richard. Sono così orgogliosa di te. Quelle che doveva essere parole dolci col tempo si rivelarono torture psicologiche. L’ansia aveva afferrato l’anima di Richard con la sua mano gelida e stringeva sempre più forte. Per un momento rischiò il tracollo. A volte durante le interrogazioni e le verifiche si bloccava. La risposta esatta, nitida nella sua mente, veniva avvolta da ombre invadenti. Lui cominciava a dubitare della risposta e la paura di sbagliare lo bloccava ancora di più. Sentiva il sudore gelido inumidirgli la mani e la fronte. Si era persino ritrovato a guardare le risposte sui compiti altrui, cosa che non aveva mai fatto prima.
Un giorno, confidandosi con la madre, le rivelò che la paura di fallire lo rendeva triste e agitato. Lei lo preso dolcemente tra le braccia e lo coccolò. Per un momento gli sembrò di essere tornato neonato. Sentiva il caldo amore materno fluirgli dentro il corpo. Le preoccupazioni e le paure scomparirono, come se una luce magica avesse lacerato le tenebre della sua mente. Le mani delle madre gli sfiorano dolcemente i capelli neri. Sentiva la delicata voce di lei sussurragli nell’orecchio parole di conforto. Gli diceva che non c’era bisogno di preoccuparsi. Lei era orgogliosa di lui e lo sarebbe sempre stata. Non avrebbe cambiato idea soltanto per qualche voto negativo. Lui si rasserenò e tutto continuò ad andare per il meglio.
Durante l’ultimo anno di medie, Richard cominciò a nutrire un profondo interesse per la psicologia. L’idea di entrare nella mente delle persone lo affascinava più di ogni altra cosa. Pensava a quanto sarebbe stato utile e bello allo stesso poter aiutare le persone ad uscire dai loro problemi. A combattere le loro paure. Lui aveva provato sulla sua pelle quella sensazione di angoscia che si prova quando qualcosa ci terrorizza. L’aveva provato e voleva combatterlo.
“L’uomo non è fatto per avere paura. Per questo la paura ci fa stare male. Così come il nostro corpo non è fatto per l’alcool o per le sigarette. Questo è il motivo per cui voglio fare lo psicologo da grande. Voglio capire ogni segreto che la nostra mente nasconde, conoscerne ogni angolo più segreto e tenebroso. Voglio aiutare la gente a sconfiggere le proprie paure, voglio che tutti possano vivere la loro vita al meglio.”
Questo fu il discorso che Richard fece a sua madre quando finì le scuole medie, uscendo ancora una volta con il massimo dei voti. Lei fu affascinata dalla generosità del figlio. Aveva sempre sperato nel vederlo diventare così, ma tra sperare in una cosa e il vederla realizzarsi c’è molta differenza. Troppa. Ora che Richard aveva compiuto quattordici anni, era venuto il momento di affrontare il discorso che tanto a lungo aveva evitato.
Infatti, più di una volta, Richard le aveva domandato come mai suo padre non ci fosse. Questa volta, seppur con le lacrime agli occhi, lei fu sincera.
Quando sono rimasta incinta di te, lui è fuggito. Mi ha lasciata sola, perché non era pronto ad assumersi le sue responsabilità. Era un coglione. Un coglione che non ti voleva, piccolo mio.
Gli occhi azzurri di Richard per un istante parvero macchiarsi di tristezza. La sofferenza nello sguardo di un figlio raramente sfugge alla vista della madre, così Dahlia si affrettò a concludere il discorso.
Non è colpa tua, tu sei il bambino migliore del mondo, dell’universo. E io sono infinitamente felice di averti qui. Ringrazio ogni giorno il cielo per averti mandato qui. Sei il mio angelo Richard.
Richard sorrise e abbracciò la madre. Sentiva le lacrime spingere per uscire e si sforzò per trattenerle. Sua madre gli rivolse un sorriso così bello e dolce che nessuno potrebbe descrivere.
Un giorno sarai un principe e vivrai in un castello bellissimo. Dalla cima della sua torre guarderai il cielo al fianco della donna che ami. E lei a sua volta donerà a te tutto il suo amore. Te lo prometto.
Non poteva nemmeno lontanamente immaginare quanto fosse stata vicina e allo stesso tempo distante dalla realtà…
Sono passate da poco le nove di mattina e il sole getta la sua luce all’interno della stanza numero quattordici del St. Richard’s Hospital di Chichester. E’ una camera spoglia, solo un mazzo di fiori spezza la monotonia del bianco. All’esterno della porta di legno è appeso un fiocco azzurro. Pazienti e medici passano lungo il corridoio, infestato dall’odore pungente di medicinali e disinfettante, gettando uno sguardo al fiocco e sorridendo. Condividono la gioia della ragazza che è appena diventata madre, seppur fino a qualche giorno prima nessuno di loro la conoscesse.
Dalhia, però non è più una ragazza.
E’ una donna, ormai, nonostante abbia da poco compiuto ventiquattro anni. Nei suoi occhi la scintilla della gioventù è soltanto un vago ricordo, ucciso dal tempo. Un tempo tiranno e maledetto. I dolori e le cicatrici del passato sono vive, gridano e mordono ancora il suo corpo, ma non ora, non in quel momento. Ora gli occhi di lei si perdono in quelli azzurri del piccolo maschietto che tiene tra le braccia. Lei che si è sempre sentita debole, stringendo quel bambino così fragile, si sente la donna più forte del mondo. Lui è sangue del suo sangue. Un meraviglioso dono del cielo. Guarda il piccolo e ringrazia il cielo.
Non è stato un parto facile ed è solo per la bravura dei medici che lui è salvo. L’ha chiamato Richard, come il santo della città di Chicester, da cui prende il nome l’ospedale. E’ sempre stata una ragazza molto religiosa e questo le sembra il minimo che possa fare.
Richard Lancaster. Suona anche bene, pensa distrattamente.
Lui sarà l’unico uomo della sua vita. Non come quel figlio di puttana che dopo averla messa incinta è fuggito chissà dove. Quello era solo l’uomo sbagliato nel momento sbagliato. Si erano conosciuti una sera in un locale e dopo qualche bacio e qualche drink si erano salutati. Nei giorni seguenti avevano cominciato a frequentarsi assiduamente. Giravano per i locali, guardavano film dell’orrore nei Drive In, passavano serate sdraiati tra i ciuffi d’erba ad osservare il sorriso argentato delle luna e quelle perle luminose conosciute come stelle.
Tutto sembrava perfetto, fin troppo…
Una sera, dopo svariate coccole e baci, finirono sotto le coperte. La passione e la voglia era immensa al punto che entrambi si dimenticarono di usare precauzioni. Solo quando i loro spiriti si raffreddarono presero atto dell’accaduto. Lui sdrammatizzò dicendole che non doveva per forza succedere.
Successe.
Quando lei gli rivelò di essere incinta lui fuggì chissà dove, senza lasciare traccia. Lei provò più e più volte a rintracciarlo, ma niente da fare. Pianse per notti intere, fino a quando le lacrime non diventarono sorrisi prima e risate poi. Aveva trovato un coglione, niente di grave. Il mondo ne è pieno. Ora aveva altro a cui pensare. Dentro di lei stava crescendo una nuova vita e doveva prendersene cura nel migliore dei modi.
Voleva e doveva essere la madre migliore del mondo. E se fosse stato un ometto, si sarebbe impegnata per renderlo un Uomo, quella rara specie di maschio in via d’estinzione. Gli avrebbe insegnato il vero significato di amore e grazie all’amore sarebbe diventato un principe.
Ora, nove mesi dopo, stringendo tra le braccia il piccolo Richard, ancora persa nei suoi innocenti occhi azzurri, ne era sempre più convinta. Diventerai un principe piccolo mio, ne sono sicura. Troverai la tua principessa e sarete immensamente felici.
I giorni passavano in fretta e Dahlia era sempre più innamorata di suo figlio. Sentiva crescere dentro di lei quell’amore così strano e speciale che solo le madri sanno provare. Aveva portato dentro di sé per nove mesi quel piccolo sogno, ed ora lui era una grande e meravigliosa realtà. All’inizio era stata scettica, bisogna essere onesti, ma col passare del tempo aveva abbandonato del tutto l’idea dell’aborto. Ora era felice di non aver fatto quella scelta.
Ogni sera, prima di metterlo a letto, le leggeva una fiaba e le ricordava cosa sarebbe diventato un giorno. Principe, quella parola si stava insinuando sempre di più nella mente del piccolo Richard, come un serpente dalle zanne d’acciaio.
Passarono i giorni e passarono gli anni.
Richard cresceva forte e sano e felice. Sua madre non le faceva mancare assolutamente nulla. Lo coccolava e giocava con lui. Non avevano soldi, Dalhia aveva un lavoro part-time in un piccolo bar, però lei aveva sempre fatto il meglio per il suo principe. Durante le ore ricavava nuovi giocattoli da scatole di cartone o pezzi di legno. Non era mai stanca quando si trattava di Richard. Lui era una fonte infinita di energia, era la gomma lucente che cancella l’oscuro passato. La vita dopo la morte.
Quando iniziò le scuole Richard si rivelò un ottimo studente. La sua mente era molto elastica e predisposta all’apprendimento. I maestri era molto affascinati dal suo potenziale. Lui capiva al volo ogni cosa e non aveva bisogno di costanti sgridate. Stava seduto in modo composto e ascoltava la lezione in silenzio, senza mai interrompere. Inoltre il rapporto con gli altri bambini era idilliaco. In breve tempo diventò il fulcro principale della classe. Se Richard faceva, gli altri facevano. Ad ogni riunione con i maestri piovevano complimenti per il piccolo Richard e per sua madre, che lo stava crescendo alla perfezione. Dahlia era sempre più contenta di vedere il suo piccolo principino diventare un principe. Era immensamente fiera ed orgogliosa di lui.
Le elementari volarono via rapide come una folata di vento, senza alcun problema. Cambiarono le materie, cambiarono i maestri, ma non cambiò l’opinione che ognuno di loro si faceva di Richard. Un bambino così perfetto ed educato da sembrare finto. Il figlio che ogni madre vorrebbe.
D'altronde crescere un figlio è una metaforica gara. Ogni madre addestra il proprio figlio per essere migliore di quello delle altre madri. Durante una verifica non importa il voto in sé, l’importante è che sia il più alto della classe. Questo per Dahlia non fu mai un problema. Lei, che non era per niente interessata a gareggiare con le altre madri, aveva il bambino perfetto.
Richard non solo fu promosso con il voto massimo, ma fu anche il miglior alunno di tutta la scuola. In tutti i cinque anni non aveva mai preso un voto inferiore al dieci.
Dopo aver cominciato a frequentare le scuole medie, Richard cominciò a capire il vero potenziale di cui disponeva. Gli insegnanti erano sempre orgoglio si lui e lo reputavano uno studente modello. Partecipava a tutte le riunioni dell’istituto ed erano in molti a tenere in considerazione il suo parere. Nonostante avesse soltanto undici anni, a volte sembrava un vero uomo. Quando tornava a casa da scuola, prima di fare i compiti svolgeva le faccende di casa, in modo che non dovesse pensarci sua madre al rientro dal lavoro. Il primo periodo di scuola, tuttavia, non fu facilissimo. Nel periodo delle scuole medie, i ragazzi che prendono sul serio lo studio, impegnandosi a fondo, invece di uscire a divertirsi, si guadagnano la nomina di Sfigato e Secchione. A Richard non importava. Lui era così, punto e basta. Sua madre era sempre stata chiara su certi argomenti. Col passare del tempo questo “problema” si risolse da solo. Le ragazze facevano a gara per conquistarlo, attirate non soltanto dal suo aspetto, ma anche dalla maturità che dimostrava e di conseguenza i ragazzi cominciarono a idolatrarlo come un dio. Solo l’anno dopo Richard era già diventato un icona per l’istituto. Lui accolse quella situazione con felicità e terrore.
Quando molte persone nutrono grandi aspettative nei nostri confronti si ha sempre paura. E’ come se una tenaglia invisibile ci stringesse l’anima e si ha costantemente paura di fallire, deludendo tutte quelle persone. In queste situazioni, commettere errori è ancora più facile. La pressione non è quasi mai una cosa bella. E Richard non era diverso. C’erano pomeriggi in cui le lacrime bagnavano i libri e le mani tremavano. Sapeva che niente sarebbe potuto andare male, il buon voto era assicurato. Quello che lo spaventava era l’idea di non essere il migliore della classe. Per la prima volta. Temeva per la felicità di sua madre. Lei era orgogliosa di lui e non mancava mai di farglielo notare. Stai diventando un vero principe Richard. Sono così orgogliosa di te. Quelle che doveva essere parole dolci col tempo si rivelarono torture psicologiche. L’ansia aveva afferrato l’anima di Richard con la sua mano gelida e stringeva sempre più forte. Per un momento rischiò il tracollo. A volte durante le interrogazioni e le verifiche si bloccava. La risposta esatta, nitida nella sua mente, veniva avvolta da ombre invadenti. Lui cominciava a dubitare della risposta e la paura di sbagliare lo bloccava ancora di più. Sentiva il sudore gelido inumidirgli la mani e la fronte. Si era persino ritrovato a guardare le risposte sui compiti altrui, cosa che non aveva mai fatto prima.
Un giorno, confidandosi con la madre, le rivelò che la paura di fallire lo rendeva triste e agitato. Lei lo preso dolcemente tra le braccia e lo coccolò. Per un momento gli sembrò di essere tornato neonato. Sentiva il caldo amore materno fluirgli dentro il corpo. Le preoccupazioni e le paure scomparirono, come se una luce magica avesse lacerato le tenebre della sua mente. Le mani delle madre gli sfiorano dolcemente i capelli neri. Sentiva la delicata voce di lei sussurragli nell’orecchio parole di conforto. Gli diceva che non c’era bisogno di preoccuparsi. Lei era orgogliosa di lui e lo sarebbe sempre stata. Non avrebbe cambiato idea soltanto per qualche voto negativo. Lui si rasserenò e tutto continuò ad andare per il meglio.
Durante l’ultimo anno di medie, Richard cominciò a nutrire un profondo interesse per la psicologia. L’idea di entrare nella mente delle persone lo affascinava più di ogni altra cosa. Pensava a quanto sarebbe stato utile e bello allo stesso poter aiutare le persone ad uscire dai loro problemi. A combattere le loro paure. Lui aveva provato sulla sua pelle quella sensazione di angoscia che si prova quando qualcosa ci terrorizza. L’aveva provato e voleva combatterlo.
“L’uomo non è fatto per avere paura. Per questo la paura ci fa stare male. Così come il nostro corpo non è fatto per l’alcool o per le sigarette. Questo è il motivo per cui voglio fare lo psicologo da grande. Voglio capire ogni segreto che la nostra mente nasconde, conoscerne ogni angolo più segreto e tenebroso. Voglio aiutare la gente a sconfiggere le proprie paure, voglio che tutti possano vivere la loro vita al meglio.”
Questo fu il discorso che Richard fece a sua madre quando finì le scuole medie, uscendo ancora una volta con il massimo dei voti. Lei fu affascinata dalla generosità del figlio. Aveva sempre sperato nel vederlo diventare così, ma tra sperare in una cosa e il vederla realizzarsi c’è molta differenza. Troppa. Ora che Richard aveva compiuto quattordici anni, era venuto il momento di affrontare il discorso che tanto a lungo aveva evitato.
Infatti, più di una volta, Richard le aveva domandato come mai suo padre non ci fosse. Questa volta, seppur con le lacrime agli occhi, lei fu sincera.
Quando sono rimasta incinta di te, lui è fuggito. Mi ha lasciata sola, perché non era pronto ad assumersi le sue responsabilità. Era un coglione. Un coglione che non ti voleva, piccolo mio.
Gli occhi azzurri di Richard per un istante parvero macchiarsi di tristezza. La sofferenza nello sguardo di un figlio raramente sfugge alla vista della madre, così Dahlia si affrettò a concludere il discorso.
Non è colpa tua, tu sei il bambino migliore del mondo, dell’universo. E io sono infinitamente felice di averti qui. Ringrazio ogni giorno il cielo per averti mandato qui. Sei il mio angelo Richard.
Richard sorrise e abbracciò la madre. Sentiva le lacrime spingere per uscire e si sforzò per trattenerle. Sua madre gli rivolse un sorriso così bello e dolce che nessuno potrebbe descrivere.
Un giorno sarai un principe e vivrai in un castello bellissimo. Dalla cima della sua torre guarderai il cielo al fianco della donna che ami. E lei a sua volta donerà a te tutto il suo amore. Te lo prometto.
Non poteva nemmeno lontanamente immaginare quanto fosse stata vicina e allo stesso tempo distante dalla realtà…