Bayron
Bayron.
Questo è il nome che ha dato inizio alla mia strana storia.
“Sarei mai in grado di uccidere qualcuno a sangue freddo?”, qualcuno di voi si è mai fatto questa domanda? Io si. E la risposta fu “ovviamente no”. Non avevo ancora conosciuto Bayron, a quei tempi, o forse è meglio dire che non l’avevo ancora trovato.
Vi confesso che non ho mai sopportato il freddo e quando la temperatura scende sotto i tre gradi, vado in letargo come gli orsi. Finestre chiuse, camino acceso e un buon libro in mano. A volte mi concedo anche un bicchiere di vino rosso. Fu proprio in una sera di quelle che trovai Bayron. Anzi, che lui trovò me.
Era una sera invernale come tante. Dal vetro lucido della finestra si poteva osservare il faccione pallido della luna. Brillava nel cielo notturno come una grossa moneta d’argento. Il silenzio della stanza era rotto soltanto dal rumore della legna che crepitava avvolta dalle fiamme. Le osservavo danzare come ballerine arabe nl camino di marmo. Soltanto a guardare sentivo il loro calore diffondersi lungo tutto il mio corpo, sfiorando la mia pelle con la dolcezza di un amante che ti accarezza. Provavo una sensazione meravigliosa, amplificata ulteriormente dal freddo regnava quella sera. C’erano appena zero gradi, ed era già tanto che non nevicasse. I miei occhi, dopo aver osservato la danza magnetica delle fiamme, erano ritornati sulle pagine del libro che stringevo in mano. Dopo una decina di minuti, quando la mia mente stava iniziando a viaggiare dentro la storia insieme ai personaggi (aiutavo Roland di Gilead nella sua ricerca della Torre Nera), la mia attenzione venne catapultata fuori dal libro da un rumore improvviso e continuo. Qualcuno stava grattando contro la porta. Ora, so che non è mai piacevole sentire grattare alla porta in piena notte ma, se nel mentre state leggendo un libro di King, il non piacevole sfiora quasi il terrificante. Rimasi immobile ad ascoltare per qualche minuto. Il rumore non cessò, anzi divenne sempre più insistente, poi all’improvvisò un cane iniziò ad abbaiare. Mi feci coraggio ed andai ad aprire la porta.
Tempo pochi istanti e un figura animalesca di dimensioni modeste mi saltò addosso, facendomi perdere l’equilibrio. Lo spaventò fu tale che non ebbi nemmeno modo di reagire. Mi trovai sul pavimento e vidi il volto dell’animale calarsi verso il mio. Chiusi gli occhi per istinto e…
Umido.
Una sensazione umida cominciò a diffondersi per tutta la mia faccia. Riuscii a riaprire gli occhi per notare che il cane mi stava leccando. Cercai di rialzarmi e lui si tolse di dosso, dandomi modo di rimettermi in piedi e chiudere fuori il gelo che entrava dalla porta. Dopo tornai con lo sguardo su di lui.
Era un bellissimo esemplare di pastore tedesco. Il pelo era umido e freddo, così presi un asciugamano e iniziai a strofinarlo. Lui lo prese come un gioco, cominciando a girare su se stesso e a scodinzolare. Si mise sule zampe posteriori, posando quelle anteriori sul mio petto e avanzò il muso verso di me in cerca di coccole. Fu la prima volta in cui notai il suo sguardo.
Uno sguardo che era tutto tranne quello di un animale. Osservare i suoi occhi era come un lungo viaggio attraverso le infinite emozioni umane. Potevo percepire la gioia che in quel momento scaldava la sua anima. Chissà per quanto tempo aveva camminato fuori al freddo, prima di giungere a casa mia. Mi avvicinai al camino e lui mi seguì, coricandosi ai miei piedi quando tornai al mio posto sulla poltrona. Poggiò il muso sulle zampe e mi fissò. La dolcezza e l’amore che brillava in quegli occhi era indescrivibile. Potrei provarci, ma in alcun modo potrei rendere giustizia a tanta meraviglia, quindi non perderò tempo a provarci.
Era strano vedere come quel cane si comportasse con me come se io fossi il suo padrone, o un carissimo amico, senza che mai prima d’ora ci fossimo visti. Non avevo mai nemmeno avuto un cane fino ad allora. Nemmeno un amico, se è per questo.
Da molti anni sono un solitario. Ammetto che nel periodo dei ventanni è stato difficile ma ora, che di anni ne ho quasi il doppio, la cosa non mi dispiace affatto. Le vita mi ha insegnato molte cose sulle persone. Loro mentono, si approfittano del prossimo e poi lo tradiscono. Non è così per tutti, ma quasi. E nella mia vita ho incontrato solo persone di questo genere. Ho iniziato a credere che amico fosse soltanto un sinonimo di finto e falso. Ho pensato anche alla coincidenza che abbiamo tutti cinque lettere, ma non credo che sia importante. Ho imparato che più ti dimostri generoso e più la gente tenderà ad approfittarsi di te, spillandoti dal corpo il sangue fino a non lasciarne nemmeno una goccia, prima di lamentarsi che non hai fatto abbastanza. Ho imparato che ad essere sinceri non ci si guadagna nulla. La gente vuole le menzogne, vuole sentirsi dire quello che vuole, vedere che noi la idolatriamo per pregi che nemmeno minimamente gli appartengono, che elogiamo la loro superiorità nei nostri confronti. Balle, la gente vuole balle. Fate notare un difetto ad una persona, fatele capire che voi in qualcosa siete meglio di lei e quest’ultima vi lancerà merda addosso. E a me non è successo solo metaforicamente.
Ho imparato che l’amore eterno esiste e non esiste. E’ una mera illusione, costruita talmente bene che alcune persone, più uniche che rare, riescono a trasformarla in realtà. Quando troviamo queste persone ci pensa il destino ad allontanarcele. Ma non guardiamo solo il lato negativo delle cose, non sono uno di quei predicatori che interpreta la cose solo nel modo che più fa comodo alla sua causa. Tutte queste cose hanno anche dei lati positivi. Le menzogne ad esempio ti rendono felice, almeno fino a quando le credi delle verità. Le persone che ti usano sono affascinanti, e a volte per usarti ricambiano con altro. E soprattutto le persone ti fanno capire quanto è bella la solitudine.
Nessuno che ti sta vicino vuol dire nessun problema. Nessun problema vuol dire più tempo libero da pensieri marci che infettano la vita dei nostri giorni. Nessun pensiero marcio vuol dire felicità. Felicità. Non è forse il sogno di tutti?
Mentre formulavo dentro di me tutti questi ragionamenti, giusti o sbagliati che siano, guardavo il cane osservarmi dal pavimento.
Quanto erano lontani i suoi occhi da quelli di una persona. Non c’era traccia di malvagità in essi, soltanto affetto e lealtà. Me ne innamorai senza accorgermene. Lo accarezzai. La vicinanza al camino avevo asciugato del tutto il pelo, che ora era tiepido al contatto. Provai un immensa voglia di abbracciarlo.
La cosa strana avvenne quando pensai al fatto che dovevo dargli un nome. Una voce invase i miei pensieri, sconosciuta ma dolce, una voce affettuosa. Bayron, mi sussurrò. Guardai il cane e pronunciai il nome appena sentito in tono interrogativo e dubbioso, quasi stessi prendendo seriamente in considerazione l’idea che fosse stato proprio lui a suggerirmelo. Nell’udire il nome lui abbaiò e cominciò a scodinzolare. Gli piaceva. Ovvio l’ha scelto lui, mi ritrovai a pensare.
Nel frattempo si era fatto tardi, a breve il sole sarebbe sorto e mi sarebbe stato difficile addormentarmi, così mi misi nel letto. Bayron sdraiato sul tappeto accanto a me.
Lo sognai. Fu come sognare una storia che il cervello aveva cancellato anni indietro. Bayron entrò nei miei ricordi come se ci fosse sempre stato. Quando il sole entrò dalla finestra ero già stato svegliato dai suoi baci. Osservai il muso felice e tenero che sembrava sorridermi. Scodinzolava. Era felice di vedermi, mi voleva bene.
Era una giornata abbastanza tiepida, considerando che l’inverno era già cominciato e ne approfittai per portarlo a fare due passi giù in paese. Non avevo un guinzaglio, quindi me lo procurai appena giunti in paese. Anche se avevo l’impressione che non fosse indispensabile. Bayron non si sarebbe allontanato da me, lo sentivo.
Stavamo passeggiando per il parco quando notai un signore sulla quarantina che stava sgridando il suo cane, per avere raccolto qualcosa da per terra. Tentò di afferrare l’oggetto dalla bocca del cane, che interpretò il gesto come un gioco e cominciò a saltellare intorno a lui. Il padrone reagì con dandogli un calcio.
Mi voltai, per non vedere, ma i guaiti dell’animale confermavano che non era finita lì. Provai ad allontanarmi ma Bayron iniziò ad abbaiare e a tirare il guinzaglio. Questo mi fece riflettere.
Perché le persone amano così tanto la violenza? Forse perché si credono degni di poterlo fare. Forse per dimostrare di essere più forti. Non esiste un motivo per amare la violenza, così decisi di fermarlo. Avanzai verso l’uomo e questo appena si accorse della mia presenza cominciò ad insultarmi, intimandomi di andarmene e farmi i cazzi miei. Con uno strattone Bayron sfilò il guinzaglio dalla mia mano e gli saltò addosso. Lo richiamai in tempo, per impedirgli di mordere e Bayron obbedì. Nel frattempo un piccolo gruppetto di persone si era radunato intorno a noi per godersi la scena, d'altronde le persone sono come avvoltoi, sempre pronti a banchettare sulle disgrazie degli altri.
La notte mi svegliai in preda ad un brutto sogno. Fu un risveglio così rapido che dimenticai all’istante ogni cosa inerente ad esso. Allungai la mano giù dal letto, per accarezzare Bayron. Nulla. Pensai che probabilmente fosse andato a dormire di sotto, sul tappeto che gli piaceva tanto, e tornai a dormire.
Il mattino seguente, lo trovai sul tappeto, esattamente come avevo immaginato. Presi il giornale da davanti alla porta e dopo averlo posato sul tavolo, cominciai a preparare la colazione.
L’articolo in prima pagina attirò la mia attenzione.
“Padrone sbranato dal proprio cane”.
Lessi l’articolo e con stupore mi accorsi che l’uomo nella foto era quello con cui avevo avuto la discussione il giorno precedente. Provai una sorta di soddisfazione nel leggere quella notizia, gli stava bene. Consumai la mia colazione e passai la giornata a leggere accarezzando Bayron, che ormai aveva preso l’abitudine di sdraiarsi sul tappeto accanto alla poltrona.
Prima di sera, lo portai a spasso per fargli fare i suoi bisogni. Giunti vicino ad un vicolo notammo due ragazzi che giocavano a prendere a sassate un cagnolino. Non ci pensai un attimo a metterli in fuga. Presi il cucciolo e lo portai a casa con me, Bayron sembrava entusiasta dell’idea e per tutta la sera si prese cura del piccolo cagnolino, mentre io leggevo comodo sulla poltrona come ogni sera. Quando la mezzanotte era vicina andai a dormire.
Poche ore più tardi fui svegliato da un altro brutto sogno. Questa volta ricordai di aver visto Bayron. Aveva gli occhi rossi e scintillanti come una pozza di sangue al chiaro di luna. Nient’altro. Prima che potessi allungare la mano per accarezzarlo, e scoprire così che anche quella notte non era accanto al mio letto, la mia attenzione venne catturata dal pianto del cagnolino. Accesi la luce e scesi a vedere. Uno spiffero di aria fredda mi penetrò nelle ossa, passando dalla finestra socchiusa.
Il cagnolino era vicino ad essa e piangeva, solo quando mi vide cessò di piangere e mi corse incontro. Lo presi in braccio, chiusi la finestra e chiamai Bayron. Nessuna risposta. Che fosse scappato? No, impossibile.
Presi la giacca e mi avviai fuori nel gelo della notte, tenendo il cucciolo all’interno di essa per riscaldarlo. L’aria era gelida e il vento soffiava regolarmente da nord verso sud. Mi sembrava una di quelle notti che si vedono nei film ambientati in scenari glaciali post apocalittici. Girai per quasi un’ora chiamando Bayron ad alta voce, prima di vederlo finalmente arrivare.
Lo accarezzai, sentendo quanto il suo pelo fosse freddo. Non era uscito da poco. Corremmo verso casa e ci riscaldammo tutti e tre davanti al camino. Quando coccolai Bayron per scaldarlo un po’ notai che il pelo del muso era sporco di sangue.
Non dirmi che sei uscito dalla finestra perché hai sentito l’odore di una lepre, eh coccolone?
Bayron scodinzolò, si mise giù sul tappeto e cominciò a dormire. Soltanto il mattino dopo capii la verità.
In prima pagina si parlava di un altro caso in cui una persona veniva aggredita e sbranata da un cane e la persone in questione erano i ragazzi che la sera prima stavano prendendo a sassate il povero cagnolino. Il mio sguardo si voltò verso Bayron.
Sei stato tu, vero?
Bayron abbaiò, muovendo la coda avanti e indietro. Era un sì, lo sentivo.
Mi alzai senza dire una parola e mi recai verso di lui, che quando vide la mia mano calargli sul volto con forza chiuse gli occhi. Lo accarezzai ridendo.
Scherzavo. Bravo coccolone, bravo coccolone, gli dissi guardandolo negli occhi.
E si.
Sembravano proprio una pozza di sangue al chiaro di luna…
Questo è il nome che ha dato inizio alla mia strana storia.
“Sarei mai in grado di uccidere qualcuno a sangue freddo?”, qualcuno di voi si è mai fatto questa domanda? Io si. E la risposta fu “ovviamente no”. Non avevo ancora conosciuto Bayron, a quei tempi, o forse è meglio dire che non l’avevo ancora trovato.
Vi confesso che non ho mai sopportato il freddo e quando la temperatura scende sotto i tre gradi, vado in letargo come gli orsi. Finestre chiuse, camino acceso e un buon libro in mano. A volte mi concedo anche un bicchiere di vino rosso. Fu proprio in una sera di quelle che trovai Bayron. Anzi, che lui trovò me.
Era una sera invernale come tante. Dal vetro lucido della finestra si poteva osservare il faccione pallido della luna. Brillava nel cielo notturno come una grossa moneta d’argento. Il silenzio della stanza era rotto soltanto dal rumore della legna che crepitava avvolta dalle fiamme. Le osservavo danzare come ballerine arabe nl camino di marmo. Soltanto a guardare sentivo il loro calore diffondersi lungo tutto il mio corpo, sfiorando la mia pelle con la dolcezza di un amante che ti accarezza. Provavo una sensazione meravigliosa, amplificata ulteriormente dal freddo regnava quella sera. C’erano appena zero gradi, ed era già tanto che non nevicasse. I miei occhi, dopo aver osservato la danza magnetica delle fiamme, erano ritornati sulle pagine del libro che stringevo in mano. Dopo una decina di minuti, quando la mia mente stava iniziando a viaggiare dentro la storia insieme ai personaggi (aiutavo Roland di Gilead nella sua ricerca della Torre Nera), la mia attenzione venne catapultata fuori dal libro da un rumore improvviso e continuo. Qualcuno stava grattando contro la porta. Ora, so che non è mai piacevole sentire grattare alla porta in piena notte ma, se nel mentre state leggendo un libro di King, il non piacevole sfiora quasi il terrificante. Rimasi immobile ad ascoltare per qualche minuto. Il rumore non cessò, anzi divenne sempre più insistente, poi all’improvvisò un cane iniziò ad abbaiare. Mi feci coraggio ed andai ad aprire la porta.
Tempo pochi istanti e un figura animalesca di dimensioni modeste mi saltò addosso, facendomi perdere l’equilibrio. Lo spaventò fu tale che non ebbi nemmeno modo di reagire. Mi trovai sul pavimento e vidi il volto dell’animale calarsi verso il mio. Chiusi gli occhi per istinto e…
Umido.
Una sensazione umida cominciò a diffondersi per tutta la mia faccia. Riuscii a riaprire gli occhi per notare che il cane mi stava leccando. Cercai di rialzarmi e lui si tolse di dosso, dandomi modo di rimettermi in piedi e chiudere fuori il gelo che entrava dalla porta. Dopo tornai con lo sguardo su di lui.
Era un bellissimo esemplare di pastore tedesco. Il pelo era umido e freddo, così presi un asciugamano e iniziai a strofinarlo. Lui lo prese come un gioco, cominciando a girare su se stesso e a scodinzolare. Si mise sule zampe posteriori, posando quelle anteriori sul mio petto e avanzò il muso verso di me in cerca di coccole. Fu la prima volta in cui notai il suo sguardo.
Uno sguardo che era tutto tranne quello di un animale. Osservare i suoi occhi era come un lungo viaggio attraverso le infinite emozioni umane. Potevo percepire la gioia che in quel momento scaldava la sua anima. Chissà per quanto tempo aveva camminato fuori al freddo, prima di giungere a casa mia. Mi avvicinai al camino e lui mi seguì, coricandosi ai miei piedi quando tornai al mio posto sulla poltrona. Poggiò il muso sulle zampe e mi fissò. La dolcezza e l’amore che brillava in quegli occhi era indescrivibile. Potrei provarci, ma in alcun modo potrei rendere giustizia a tanta meraviglia, quindi non perderò tempo a provarci.
Era strano vedere come quel cane si comportasse con me come se io fossi il suo padrone, o un carissimo amico, senza che mai prima d’ora ci fossimo visti. Non avevo mai nemmeno avuto un cane fino ad allora. Nemmeno un amico, se è per questo.
Da molti anni sono un solitario. Ammetto che nel periodo dei ventanni è stato difficile ma ora, che di anni ne ho quasi il doppio, la cosa non mi dispiace affatto. Le vita mi ha insegnato molte cose sulle persone. Loro mentono, si approfittano del prossimo e poi lo tradiscono. Non è così per tutti, ma quasi. E nella mia vita ho incontrato solo persone di questo genere. Ho iniziato a credere che amico fosse soltanto un sinonimo di finto e falso. Ho pensato anche alla coincidenza che abbiamo tutti cinque lettere, ma non credo che sia importante. Ho imparato che più ti dimostri generoso e più la gente tenderà ad approfittarsi di te, spillandoti dal corpo il sangue fino a non lasciarne nemmeno una goccia, prima di lamentarsi che non hai fatto abbastanza. Ho imparato che ad essere sinceri non ci si guadagna nulla. La gente vuole le menzogne, vuole sentirsi dire quello che vuole, vedere che noi la idolatriamo per pregi che nemmeno minimamente gli appartengono, che elogiamo la loro superiorità nei nostri confronti. Balle, la gente vuole balle. Fate notare un difetto ad una persona, fatele capire che voi in qualcosa siete meglio di lei e quest’ultima vi lancerà merda addosso. E a me non è successo solo metaforicamente.
Ho imparato che l’amore eterno esiste e non esiste. E’ una mera illusione, costruita talmente bene che alcune persone, più uniche che rare, riescono a trasformarla in realtà. Quando troviamo queste persone ci pensa il destino ad allontanarcele. Ma non guardiamo solo il lato negativo delle cose, non sono uno di quei predicatori che interpreta la cose solo nel modo che più fa comodo alla sua causa. Tutte queste cose hanno anche dei lati positivi. Le menzogne ad esempio ti rendono felice, almeno fino a quando le credi delle verità. Le persone che ti usano sono affascinanti, e a volte per usarti ricambiano con altro. E soprattutto le persone ti fanno capire quanto è bella la solitudine.
Nessuno che ti sta vicino vuol dire nessun problema. Nessun problema vuol dire più tempo libero da pensieri marci che infettano la vita dei nostri giorni. Nessun pensiero marcio vuol dire felicità. Felicità. Non è forse il sogno di tutti?
Mentre formulavo dentro di me tutti questi ragionamenti, giusti o sbagliati che siano, guardavo il cane osservarmi dal pavimento.
Quanto erano lontani i suoi occhi da quelli di una persona. Non c’era traccia di malvagità in essi, soltanto affetto e lealtà. Me ne innamorai senza accorgermene. Lo accarezzai. La vicinanza al camino avevo asciugato del tutto il pelo, che ora era tiepido al contatto. Provai un immensa voglia di abbracciarlo.
La cosa strana avvenne quando pensai al fatto che dovevo dargli un nome. Una voce invase i miei pensieri, sconosciuta ma dolce, una voce affettuosa. Bayron, mi sussurrò. Guardai il cane e pronunciai il nome appena sentito in tono interrogativo e dubbioso, quasi stessi prendendo seriamente in considerazione l’idea che fosse stato proprio lui a suggerirmelo. Nell’udire il nome lui abbaiò e cominciò a scodinzolare. Gli piaceva. Ovvio l’ha scelto lui, mi ritrovai a pensare.
Nel frattempo si era fatto tardi, a breve il sole sarebbe sorto e mi sarebbe stato difficile addormentarmi, così mi misi nel letto. Bayron sdraiato sul tappeto accanto a me.
Lo sognai. Fu come sognare una storia che il cervello aveva cancellato anni indietro. Bayron entrò nei miei ricordi come se ci fosse sempre stato. Quando il sole entrò dalla finestra ero già stato svegliato dai suoi baci. Osservai il muso felice e tenero che sembrava sorridermi. Scodinzolava. Era felice di vedermi, mi voleva bene.
Era una giornata abbastanza tiepida, considerando che l’inverno era già cominciato e ne approfittai per portarlo a fare due passi giù in paese. Non avevo un guinzaglio, quindi me lo procurai appena giunti in paese. Anche se avevo l’impressione che non fosse indispensabile. Bayron non si sarebbe allontanato da me, lo sentivo.
Stavamo passeggiando per il parco quando notai un signore sulla quarantina che stava sgridando il suo cane, per avere raccolto qualcosa da per terra. Tentò di afferrare l’oggetto dalla bocca del cane, che interpretò il gesto come un gioco e cominciò a saltellare intorno a lui. Il padrone reagì con dandogli un calcio.
Mi voltai, per non vedere, ma i guaiti dell’animale confermavano che non era finita lì. Provai ad allontanarmi ma Bayron iniziò ad abbaiare e a tirare il guinzaglio. Questo mi fece riflettere.
Perché le persone amano così tanto la violenza? Forse perché si credono degni di poterlo fare. Forse per dimostrare di essere più forti. Non esiste un motivo per amare la violenza, così decisi di fermarlo. Avanzai verso l’uomo e questo appena si accorse della mia presenza cominciò ad insultarmi, intimandomi di andarmene e farmi i cazzi miei. Con uno strattone Bayron sfilò il guinzaglio dalla mia mano e gli saltò addosso. Lo richiamai in tempo, per impedirgli di mordere e Bayron obbedì. Nel frattempo un piccolo gruppetto di persone si era radunato intorno a noi per godersi la scena, d'altronde le persone sono come avvoltoi, sempre pronti a banchettare sulle disgrazie degli altri.
La notte mi svegliai in preda ad un brutto sogno. Fu un risveglio così rapido che dimenticai all’istante ogni cosa inerente ad esso. Allungai la mano giù dal letto, per accarezzare Bayron. Nulla. Pensai che probabilmente fosse andato a dormire di sotto, sul tappeto che gli piaceva tanto, e tornai a dormire.
Il mattino seguente, lo trovai sul tappeto, esattamente come avevo immaginato. Presi il giornale da davanti alla porta e dopo averlo posato sul tavolo, cominciai a preparare la colazione.
L’articolo in prima pagina attirò la mia attenzione.
“Padrone sbranato dal proprio cane”.
Lessi l’articolo e con stupore mi accorsi che l’uomo nella foto era quello con cui avevo avuto la discussione il giorno precedente. Provai una sorta di soddisfazione nel leggere quella notizia, gli stava bene. Consumai la mia colazione e passai la giornata a leggere accarezzando Bayron, che ormai aveva preso l’abitudine di sdraiarsi sul tappeto accanto alla poltrona.
Prima di sera, lo portai a spasso per fargli fare i suoi bisogni. Giunti vicino ad un vicolo notammo due ragazzi che giocavano a prendere a sassate un cagnolino. Non ci pensai un attimo a metterli in fuga. Presi il cucciolo e lo portai a casa con me, Bayron sembrava entusiasta dell’idea e per tutta la sera si prese cura del piccolo cagnolino, mentre io leggevo comodo sulla poltrona come ogni sera. Quando la mezzanotte era vicina andai a dormire.
Poche ore più tardi fui svegliato da un altro brutto sogno. Questa volta ricordai di aver visto Bayron. Aveva gli occhi rossi e scintillanti come una pozza di sangue al chiaro di luna. Nient’altro. Prima che potessi allungare la mano per accarezzarlo, e scoprire così che anche quella notte non era accanto al mio letto, la mia attenzione venne catturata dal pianto del cagnolino. Accesi la luce e scesi a vedere. Uno spiffero di aria fredda mi penetrò nelle ossa, passando dalla finestra socchiusa.
Il cagnolino era vicino ad essa e piangeva, solo quando mi vide cessò di piangere e mi corse incontro. Lo presi in braccio, chiusi la finestra e chiamai Bayron. Nessuna risposta. Che fosse scappato? No, impossibile.
Presi la giacca e mi avviai fuori nel gelo della notte, tenendo il cucciolo all’interno di essa per riscaldarlo. L’aria era gelida e il vento soffiava regolarmente da nord verso sud. Mi sembrava una di quelle notti che si vedono nei film ambientati in scenari glaciali post apocalittici. Girai per quasi un’ora chiamando Bayron ad alta voce, prima di vederlo finalmente arrivare.
Lo accarezzai, sentendo quanto il suo pelo fosse freddo. Non era uscito da poco. Corremmo verso casa e ci riscaldammo tutti e tre davanti al camino. Quando coccolai Bayron per scaldarlo un po’ notai che il pelo del muso era sporco di sangue.
Non dirmi che sei uscito dalla finestra perché hai sentito l’odore di una lepre, eh coccolone?
Bayron scodinzolò, si mise giù sul tappeto e cominciò a dormire. Soltanto il mattino dopo capii la verità.
In prima pagina si parlava di un altro caso in cui una persona veniva aggredita e sbranata da un cane e la persone in questione erano i ragazzi che la sera prima stavano prendendo a sassate il povero cagnolino. Il mio sguardo si voltò verso Bayron.
Sei stato tu, vero?
Bayron abbaiò, muovendo la coda avanti e indietro. Era un sì, lo sentivo.
Mi alzai senza dire una parola e mi recai verso di lui, che quando vide la mia mano calargli sul volto con forza chiuse gli occhi. Lo accarezzai ridendo.
Scherzavo. Bravo coccolone, bravo coccolone, gli dissi guardandolo negli occhi.
E si.
Sembravano proprio una pozza di sangue al chiaro di luna…