Benvenuto Nick
Richard osservava la scena, celato agli occhi del ragazzo e
sorridente. Non si era sbagliato. L’odio e la vendetta che aveva dentro quel
giovane erano puri come l’anima di un bambino appena nato. Era davvero
soddisfatto del nuovo componente. Sapeva che non sarebbe stato facile
sostituire John Bluehill, eppure c’era riuscito. Anche con ottimi risultati.
Nick stava seduto in terra, con la schiena poggiata al muro e gli occhi socchiusi. Inspira ed espirava, inspirava ed espirava. I respiri erano lenti e profondi. Assaporava quel dolce profumo di vendetta come se non ci fosse altro odore al mondo, come se cessato quell’aroma il suo olfatto fosse destinato a svanire. Si sentiva estremamente felice e rilassato. I pensieri oscuri, che fino a qualche istante prima gli occupavano la mente, ora erano soltanto un vago ricordo andato perduto in quella nebbia d’incenso. Non c’era più traccia degli insulti che aveva ricevuto, non sentiva più il calore dei loro membri sulla pelle. L’unica cosa che sentiva era quel piacevole odore d’incenso e quel piacevole calore che il Toro di Falaride, no l’Ariete di Nick, emanava. E questo lo rendeva felice. Non gli restava altro da fare che tornare a casa. D’altronde Richard gli aveva detto che una volta finito tutto sarebbe potuto tornare a casa, e lui si fidava. Non lo conosceva affatto, era pienamente sicuro di non averlo mai visto prima d’ora, né di averlo mai sentito nominare, eppure sentiva di potersi fidare. C’era un qualcosa, nei modi o nella voce, che gli diceva che era così. Sentiva qualcosa di estremamente familiare in lui, nonostante fosse un totale estraneo, ma non riusciva a capire cosa. La voce, il modo di fare, il gesticolare lento e quasi ipnotico. Cercava di ricordare ogni particolare di Richard, nel tentativo di capire cosa ci fosse di così familiare in lui. Provò e riprovò, senza risultato.
Rimase circa una mezz’oretta, seduto sul pavimento, sempre con la schiena poggiata al muro, a riflettere ed assaporare quell’incenso. Era così preso dai suoi pensieri e dell’atmosfera, che nemmeno si accorse che Richard lo osservò per tutto il tempo. Sicuramente fu un bene. Gli occhi con cui Richard lo fissava non avevano nulla di umano. Erano gli occhi di una bestia sadica e feroce che ha appena trovato un boccone così succulento da provocargli un orgasmo. La bocca era socchiusa, in un’espressione di immenso piacere e un rivoletto di bava era in procinto di scendere dall’angolo della labbra. La lingua fu rapida a intercettarlo, dopodiché Richard si ricompose. Aveva del lavoro da sbrigare e non c’era tempo da perdere. Prima avrebbe finito, prima avrebbe potuto riabbracciare Cheryl. La sua Cheryl.
Un brivido gli percorse il corpo al solo pensiero di poterla stringere. Percepì il calore di quel corpo mozzafiato contro il suo, il lieve rumore dei dolci suoi respiri nelle orecchie e la delicatezza delle mani che lo sfioravano. Chiuse gli occhi. Fu soltanto un attimo, ma sembrò eterno e bellissimo. Cheryl sembrava di nuovo lì, accanto a lui. Sentiva le dolcissime labbra di lei posarsi sulle sue, mentre si stringevano in un tenero abbraccio. Cominciò ad accarezzarla, facendole scivolare le mani su tutto il corpo. Oddio, quanto gli era mancata…
Riaprì gli occhi di colpo prima che la fantasia potesse spingersi troppo oltre. Non voleva accadesse. Decise che il tempo per ricordi e riflessioni era giunto al termine e fosse arrivato il momento di continuare il lavoro.
Nick si accorse di Richard soltanto quando udì il rumore di un applauso alle sue spalle. Si girò di colpo, quasi spaventato da quel rumore improvviso che l’aveva catapultato fuori dai propri pensieri.
Ben fatto Nick. Davvero ben fatto. Sono molto orgoglioso di te e felice del fatto che il mio regalo sia stato di tuo gradimento. Tuttavia, mi rincuora doverti dare una dolorosa notizia. Ti avevo detto che finito questo compito saresti potuto tornare a casa, rivedere i tuoi genitori e il tuo fratellino, ma non è così. O meglio, puoi tornare a casa se vuoi, ma non credo che loro ti riconoscerebbero. E’ come se il fatto che tu abbia deciso di ucciderti avesse cancellato dalla loro testa il tuo ricordo, la tua esistenza. Guarda te lo mostro.
Richard posò la mano sugli occhi del ragazzo che cominciò a vedere.
Si trovava all’angolo tra la Main Street e la Boulevard Lane, appena fuori da quello che fino a qualche giorno prima era il cortile di casa sua. Il cielo era sereno e l’aria che tirava era leggera e tiepida; se non era ancora cominciata l’estate poco ci mancava. Una voce infantile sopraggiunse dalla sua destra, avvicinandosi in fretta. Gettò uno sguardo in quella direzione, verso la salita che portava alla fattoria dei Dean. Il sole sorto da qualche ora lo costrinse a portarsi una mano davanti agli occhi per non ritrovarsi accecato. Un bambino in sella ad una mountain bike stava scendendo a tutta velocità, imitando il rumore di una moto con la voce. Pochi istanti dopo il verso infantile del bambino fu cancellato dallo stridere delle gomme sul marciapiede. Disegnò una S nera, facendo muovere la ruota posteriore come la coda di un serpente e poi s’infilò dentro il cortile, passando nel piccolo cancelletto aperto con millimetrica precisione. O era un pazzo o lo faceva da così tanto tempo che ormai gli veniva naturale. Probabilmente entrambi. Lui fissò il bambino per un istante, poi lo riconobbe. Era suo fratello. Eppure suo fratello non era ancora abbastanza grande per andare in bici. Aveva appena compiuto quattro anni, mentre quel bambino doveva averne almeno sette.
Daniel‼! Provò a chiamarlo, ma il bambino sembrò non udire nemmeno la sua voce. Appena ebbe riposto la bici, una donna venne alla porta a salutarlo.
Nick ebbe le lacrime agli occhi. Non poteva sbagliarsi, quella era sua madre. Avrebbe riconosciuto quello sguardo tra mille. Non aveva mai visto in nessun altra donna una dolcezza simile.
Mamma‼! Gridò correndole incontro. Tutto il resto passò in secondo piano, come se il mondo si fosse fermato e fossero rimasti soltanto lui, lei e quell’abbraccio che stava per nascere. Lei si voltò verso di lui, sorridendo e gli corse incontro.
Nick avvertì i battiti del cuore aumentare a dismisura. Sua madre era lì, con lui. L’unica donna della sua vita, l’unica che amava e che lo aveva amato. L’unica che lo avrebbe amato per sempre. Cominciò a sentire il tepore del caloroso abbraccio materno prima ancora del contatto…che non ci fu.
Nick passò attraverso sua madre come uno spettro. Si voltò con occhi esterrefatti per l’accaduto e vide suo padre. Tutti i pensieri dolci che precocemente gli avevano invaso la mente si sbriciolarono come gesso. Non era lui che stava guardando, non era per lui quel dolce sorriso, bensì per suo padre. Doveva essere arrivato qualche istante prima, mentre lui già era troppo immerso nelle sue mielose fantasie per accorgersene.
Il piccolo si unì all’abbraccio, realizzando uno di quei quadretti familiari che esistono soltanto nelle pubblicità o nei romanzi rosa scadenti per quattordicenni. Se suo padre fosse stato vampiro sarebbe stato perfetto.
Entrarono in casa e Nick li seguì, ormai consapevole del fatto che nessuno potesse vederlo. Rivedere la sua casa gli fece tornare un pizzico di nostalgia, che quasi subito si trasformo in un misto di depressione e terrore. Quello che scatenò la reazione furono un paio di foto. Sulla carta stampata si vedevano la madre ed il fratello, abbracciati ai piedi delle cascate del Niagara, in una splendida giornata di sole. Nient’altro. Non c’era nessuna traccia di lui, eppure era sicuro al cento per cento di essere stato con loro. Non poteva sbagliarsi. Era stato lui ad insistere per mesi affinché andassero a vedere le cascate. Conservava una copia di quella foto sul comodino di camera sua…
Camera sua.
Nick corse su per la scale, svoltò a destra ed entrò nella prima porta. Niente.
Non c’era più niente di quella che era stata camera sua. La stanza era stata adibita a palestra. C’erano un paio di manubri corti, uno lungo e una panca per gli addominali. Al centro c’era anche appeso un sacco da boxe nero con scritte dorate.
Gli venne da piangere. Sentì gli occhi bruciare e poi di colpo si ritrovò a fissare Richard. Tutto quello che stava vedendo era svanito in un secondo, nello stesso modo in cui era cominciato.
Visto Nick? Non capisco come sia successo, è la prima volta che salvo la vita a qualcuno, quindi questo potrebbe essere una sorta di effetto collaterale. Non ne ho idea. Però ora hai me. Mi prenderò io cura di te. Mi sono già permesso di trovarti una sistemazione.
Richard porse la mano a Nick, che l’afferrò. Era fatta. Non che avesse avuto qualche dubbio. Il vecchio trucco della visione era uno dei suoi preferiti. Bastava far credere alla vittima che tutti l’avessero dimenticato ed ecco che lei si aggrappava a lui come se fosse un’ancora di salvezza. Con Nick era successa la stessa cosa.
Guardò il ragazzo, fiero della sua scelta.
Non aver paura.
Nick non fece in tempo a rispondere che entrambi svanirono nel nulla.
Quando Nick riaprì gli occhi si ritrovò in una radura. Il cielo era porpora e colossali nuvole nere spuntavano in vari punti come tumori della pelle. Una piccola torre era lì, nel esatto centro di quel macabro paesaggio. Il colore era indefinibile per via dei riflessi del cielo, dell’oscurità e della lontananza, ma sembrava rosa. Le linee erano deformi. Gli alberi nella zona circostante erano spogli e capovolti, con le radici che si allungavano verso il cielo come mani caritatevoli.
Richard comparve subito dopo accanto a lui.
Ti do ufficialmente il benvenuto nella tua nuova dimora, Nick. La tua stanza è al primo piano…
Nick stava seduto in terra, con la schiena poggiata al muro e gli occhi socchiusi. Inspira ed espirava, inspirava ed espirava. I respiri erano lenti e profondi. Assaporava quel dolce profumo di vendetta come se non ci fosse altro odore al mondo, come se cessato quell’aroma il suo olfatto fosse destinato a svanire. Si sentiva estremamente felice e rilassato. I pensieri oscuri, che fino a qualche istante prima gli occupavano la mente, ora erano soltanto un vago ricordo andato perduto in quella nebbia d’incenso. Non c’era più traccia degli insulti che aveva ricevuto, non sentiva più il calore dei loro membri sulla pelle. L’unica cosa che sentiva era quel piacevole odore d’incenso e quel piacevole calore che il Toro di Falaride, no l’Ariete di Nick, emanava. E questo lo rendeva felice. Non gli restava altro da fare che tornare a casa. D’altronde Richard gli aveva detto che una volta finito tutto sarebbe potuto tornare a casa, e lui si fidava. Non lo conosceva affatto, era pienamente sicuro di non averlo mai visto prima d’ora, né di averlo mai sentito nominare, eppure sentiva di potersi fidare. C’era un qualcosa, nei modi o nella voce, che gli diceva che era così. Sentiva qualcosa di estremamente familiare in lui, nonostante fosse un totale estraneo, ma non riusciva a capire cosa. La voce, il modo di fare, il gesticolare lento e quasi ipnotico. Cercava di ricordare ogni particolare di Richard, nel tentativo di capire cosa ci fosse di così familiare in lui. Provò e riprovò, senza risultato.
Rimase circa una mezz’oretta, seduto sul pavimento, sempre con la schiena poggiata al muro, a riflettere ed assaporare quell’incenso. Era così preso dai suoi pensieri e dell’atmosfera, che nemmeno si accorse che Richard lo osservò per tutto il tempo. Sicuramente fu un bene. Gli occhi con cui Richard lo fissava non avevano nulla di umano. Erano gli occhi di una bestia sadica e feroce che ha appena trovato un boccone così succulento da provocargli un orgasmo. La bocca era socchiusa, in un’espressione di immenso piacere e un rivoletto di bava era in procinto di scendere dall’angolo della labbra. La lingua fu rapida a intercettarlo, dopodiché Richard si ricompose. Aveva del lavoro da sbrigare e non c’era tempo da perdere. Prima avrebbe finito, prima avrebbe potuto riabbracciare Cheryl. La sua Cheryl.
Un brivido gli percorse il corpo al solo pensiero di poterla stringere. Percepì il calore di quel corpo mozzafiato contro il suo, il lieve rumore dei dolci suoi respiri nelle orecchie e la delicatezza delle mani che lo sfioravano. Chiuse gli occhi. Fu soltanto un attimo, ma sembrò eterno e bellissimo. Cheryl sembrava di nuovo lì, accanto a lui. Sentiva le dolcissime labbra di lei posarsi sulle sue, mentre si stringevano in un tenero abbraccio. Cominciò ad accarezzarla, facendole scivolare le mani su tutto il corpo. Oddio, quanto gli era mancata…
Riaprì gli occhi di colpo prima che la fantasia potesse spingersi troppo oltre. Non voleva accadesse. Decise che il tempo per ricordi e riflessioni era giunto al termine e fosse arrivato il momento di continuare il lavoro.
Nick si accorse di Richard soltanto quando udì il rumore di un applauso alle sue spalle. Si girò di colpo, quasi spaventato da quel rumore improvviso che l’aveva catapultato fuori dai propri pensieri.
Ben fatto Nick. Davvero ben fatto. Sono molto orgoglioso di te e felice del fatto che il mio regalo sia stato di tuo gradimento. Tuttavia, mi rincuora doverti dare una dolorosa notizia. Ti avevo detto che finito questo compito saresti potuto tornare a casa, rivedere i tuoi genitori e il tuo fratellino, ma non è così. O meglio, puoi tornare a casa se vuoi, ma non credo che loro ti riconoscerebbero. E’ come se il fatto che tu abbia deciso di ucciderti avesse cancellato dalla loro testa il tuo ricordo, la tua esistenza. Guarda te lo mostro.
Richard posò la mano sugli occhi del ragazzo che cominciò a vedere.
Si trovava all’angolo tra la Main Street e la Boulevard Lane, appena fuori da quello che fino a qualche giorno prima era il cortile di casa sua. Il cielo era sereno e l’aria che tirava era leggera e tiepida; se non era ancora cominciata l’estate poco ci mancava. Una voce infantile sopraggiunse dalla sua destra, avvicinandosi in fretta. Gettò uno sguardo in quella direzione, verso la salita che portava alla fattoria dei Dean. Il sole sorto da qualche ora lo costrinse a portarsi una mano davanti agli occhi per non ritrovarsi accecato. Un bambino in sella ad una mountain bike stava scendendo a tutta velocità, imitando il rumore di una moto con la voce. Pochi istanti dopo il verso infantile del bambino fu cancellato dallo stridere delle gomme sul marciapiede. Disegnò una S nera, facendo muovere la ruota posteriore come la coda di un serpente e poi s’infilò dentro il cortile, passando nel piccolo cancelletto aperto con millimetrica precisione. O era un pazzo o lo faceva da così tanto tempo che ormai gli veniva naturale. Probabilmente entrambi. Lui fissò il bambino per un istante, poi lo riconobbe. Era suo fratello. Eppure suo fratello non era ancora abbastanza grande per andare in bici. Aveva appena compiuto quattro anni, mentre quel bambino doveva averne almeno sette.
Daniel‼! Provò a chiamarlo, ma il bambino sembrò non udire nemmeno la sua voce. Appena ebbe riposto la bici, una donna venne alla porta a salutarlo.
Nick ebbe le lacrime agli occhi. Non poteva sbagliarsi, quella era sua madre. Avrebbe riconosciuto quello sguardo tra mille. Non aveva mai visto in nessun altra donna una dolcezza simile.
Mamma‼! Gridò correndole incontro. Tutto il resto passò in secondo piano, come se il mondo si fosse fermato e fossero rimasti soltanto lui, lei e quell’abbraccio che stava per nascere. Lei si voltò verso di lui, sorridendo e gli corse incontro.
Nick avvertì i battiti del cuore aumentare a dismisura. Sua madre era lì, con lui. L’unica donna della sua vita, l’unica che amava e che lo aveva amato. L’unica che lo avrebbe amato per sempre. Cominciò a sentire il tepore del caloroso abbraccio materno prima ancora del contatto…che non ci fu.
Nick passò attraverso sua madre come uno spettro. Si voltò con occhi esterrefatti per l’accaduto e vide suo padre. Tutti i pensieri dolci che precocemente gli avevano invaso la mente si sbriciolarono come gesso. Non era lui che stava guardando, non era per lui quel dolce sorriso, bensì per suo padre. Doveva essere arrivato qualche istante prima, mentre lui già era troppo immerso nelle sue mielose fantasie per accorgersene.
Il piccolo si unì all’abbraccio, realizzando uno di quei quadretti familiari che esistono soltanto nelle pubblicità o nei romanzi rosa scadenti per quattordicenni. Se suo padre fosse stato vampiro sarebbe stato perfetto.
Entrarono in casa e Nick li seguì, ormai consapevole del fatto che nessuno potesse vederlo. Rivedere la sua casa gli fece tornare un pizzico di nostalgia, che quasi subito si trasformo in un misto di depressione e terrore. Quello che scatenò la reazione furono un paio di foto. Sulla carta stampata si vedevano la madre ed il fratello, abbracciati ai piedi delle cascate del Niagara, in una splendida giornata di sole. Nient’altro. Non c’era nessuna traccia di lui, eppure era sicuro al cento per cento di essere stato con loro. Non poteva sbagliarsi. Era stato lui ad insistere per mesi affinché andassero a vedere le cascate. Conservava una copia di quella foto sul comodino di camera sua…
Camera sua.
Nick corse su per la scale, svoltò a destra ed entrò nella prima porta. Niente.
Non c’era più niente di quella che era stata camera sua. La stanza era stata adibita a palestra. C’erano un paio di manubri corti, uno lungo e una panca per gli addominali. Al centro c’era anche appeso un sacco da boxe nero con scritte dorate.
Gli venne da piangere. Sentì gli occhi bruciare e poi di colpo si ritrovò a fissare Richard. Tutto quello che stava vedendo era svanito in un secondo, nello stesso modo in cui era cominciato.
Visto Nick? Non capisco come sia successo, è la prima volta che salvo la vita a qualcuno, quindi questo potrebbe essere una sorta di effetto collaterale. Non ne ho idea. Però ora hai me. Mi prenderò io cura di te. Mi sono già permesso di trovarti una sistemazione.
Richard porse la mano a Nick, che l’afferrò. Era fatta. Non che avesse avuto qualche dubbio. Il vecchio trucco della visione era uno dei suoi preferiti. Bastava far credere alla vittima che tutti l’avessero dimenticato ed ecco che lei si aggrappava a lui come se fosse un’ancora di salvezza. Con Nick era successa la stessa cosa.
Guardò il ragazzo, fiero della sua scelta.
Non aver paura.
Nick non fece in tempo a rispondere che entrambi svanirono nel nulla.
Quando Nick riaprì gli occhi si ritrovò in una radura. Il cielo era porpora e colossali nuvole nere spuntavano in vari punti come tumori della pelle. Una piccola torre era lì, nel esatto centro di quel macabro paesaggio. Il colore era indefinibile per via dei riflessi del cielo, dell’oscurità e della lontananza, ma sembrava rosa. Le linee erano deformi. Gli alberi nella zona circostante erano spogli e capovolti, con le radici che si allungavano verso il cielo come mani caritatevoli.
Richard comparve subito dopo accanto a lui.
Ti do ufficialmente il benvenuto nella tua nuova dimora, Nick. La tua stanza è al primo piano…