Sette Giorni Di Vuoto - Parte 3
Edward osservò il telefono come un oggetto maledetto.
Sentiva l’angoscia mischiarsi al sangue, rendendolo pesante. Non aveva mai
avuto tanto timore di rispondere a quel telefono. Terminata la conversazione si
lasciò cadere sulle ginocchia. Un altro rapimento, una bambina di otto anni di
nome Eveline. La madre aveva detto che la piccola era uscita a giocare in
cortile prima di cena e quando l’aveva chiamata per rientrare non c’era più.
Edward iniziò le ricerche dopo aver avvisato Iris dell’accaduto.
Tutto fu come nei precedenti casi. Una settimana di ricerche a vuoto e infine la telefonata. Edward aveva raggiunto la casa della vittima e aveva trovato la bambina. Solita storia del robot, ma stavolta invece che piedi o mani, mancavano gli occhi, e stesso riscontro di una recente amnesia negli esami.
≪E’ un fottuto. Rapisce bambini e li trasforma in killer a sangue freddo. Ma come cazzo è possibile che non ci siano tracce. Abbiamo controllato tutto.≫
Fu proprio mentre terminava la frase che il telefono prese a suonare. Edward prese la cornetta furiosamente, aspettandosi un nuovo rapimento, ma non fu così.
≪Salve Edward. Ho vinto io, ormai credo tu l’abbia capito. Ci troviamo tra dieci minuti dove abitava Bryan.≫
La voce all’altro capo era elettronica, gelida e spaventosa. Edward pensò che fosse tutto un brutto scherzo, ma senza dire nulla riappese la cornetta e si precipitò al posto concordato.
Tutto si presentava tranquillo, come ogni volta che i bambini erano riapparsi accanto ai cadaveri dei loro amati genitori. La porta era aperta e dall’interno usciva una luce gialla. Edward entrò.
Quando fu dentro richiuse la porta dietro di sé e una voce lo chiamo dal salotto.
≪Prego Edward si accomodi pure.≫
Un brivido gli fece accapponare la pelle. Quella voce elettronica e diabolica faceva tutto un altro effetto dal vivo. La sentiva muoversi dentro le viscere come un serpente nevrotico. Estrasse la pistola e raggiunse il salotto. Una stanza arredata in modo raffinato, colma di quadri prestigiosi, l’unica cosa che stonava era sul divano. Una sagoma umana, che indossava quella che sembrava una tuta antiradiazioni color argento e un casco simile a un personaggio di fantascienza che distorceva la voce. Edward non ci pensò nemmeno un istante e puntò la pistola verso l’individuo.
≪Se fai un movimento ti apro un buco in fronte.≫
Le minacce non sembrarono sortire il minimo effetto e in tutta risposta lo strano soggetto invitò Edward a sedersi a lui.
≪Edward, sono qui per costituirmi non per farti del male≫
Edward non si accomodò. Ordinò all’individuo di levarsi la maschera. E così fu. I battiti del cuore acceleravano man mano che il casco robotico si sfilava e i primi tratti di volto comparivano. Quando fu smascherato Edward rimase sorpreso. Una donna. E lui la conosceva. Si trattava di Kelly Winchester, un ex chirurgo andata in pensione qualche anno prima. Era una carissima amica di sua moglie e un paio di volte avevano persino cenato insieme. Tutto questo gli sembrava impossibile.
≪Kelly?≫
≪Eh si Edward. Sono proprio io il robot con la maschera. Avanti arrestami.≫
E cosi fu.
Edward raggiunse la centrale e interrogò Kelly sui precedenti omicidi, per conoscere motivazioni e altro. La donna rispose a tutte le domande senza indugi, confermando di essere ciò che diceva. Fu sottoposta a vari esami e quello che ne risultò non fu per nulla positivo. Kelly era stata colpita da una recente amnesia. Edward giunse alla conclusione che anche lei fosse stata usata dal vero Robot Mascherato come capro espiatorio. Tornò a casa, cenò insieme a Iris e parlarono del fatto che il Robot Mascherato era stato preso, ma che lui non ne era affatto convinto di com’erano andate le cose. Non riusciva a comprendere le motivazioni di Kelly.
≪Ti ho sempre invidiato. Tu sei sulla bocca di tutti, sei L’Infallibile e io volevo far vedere che anche tu potevi fallire≫
Quelle parole suonavano strane come un uovo di pasqua a Natale. Se lei voleva dimostrare che lui poteva fallire, perché smettere? E soprattutto perché consegnarsi a lui e non a qualcun altro, in modo da sminuire Edward pubblicamente? Mise fine ai suoi dubbi pensando che il gesto fosse per una sfida personale e che Kelly non avesse avuto il minimo interesse a rendere pubblica la sua vittoria. Con questo pensiero si mise a letto e dormì fino al mattino.
Giunse sul posto di lavoro alle otto e trenta. Era passato quasi un mese dall’ultimo rapimento quando il telefono squillò. Edward rispose e venne a conoscenza di un furto in una piccola tabaccheria. Chiamò una pattuglia e nell’arco di un paio d’ore fu tutto risolto.
Stava per andare a casa, quando il telefono prese a squillare per la terza volta in quel giorno.
≪Vorrei denunciare una scomparsa. Si tratta di mio figlio Kevin, ha solo otto anni e non è ancora rientrato a casa≫
Edward impallidì e un per un istante temette di svenire. L’incubo era ricominciato. Nonostante era preparato all’evenienza il colpo fu piuttosto duro. Rispose che se ne sarebbe occupato subito e così fu. La sera stessa iniziarono le ricerche, come sempre con risultati negativi. Trascorse una settimana e Kevin fu ritrovato accanto al corpo di suo padre e sua madre. Il procedimento fu lo stesso e i risultati identici. Amnesia.
L’unica differenza stava sempre nel robot mascherato, a cui ora mancava un braccio.
Edward tornò ad indagare su ogni persona appartenente al campo medico e chimico, ma senza risultati positivi. La memoria poteva venire cancellata tramite droghe chimiche, ma dagli esami del sangue non era rinvenuto nulla. Avevano anche tentato di usare un bambino come esca, ma il Robot Mascherato non ci era cascato. Ormai nessuno sapeva più cosa fare. Il Robot sembrava conoscere ogni loro mossa.
Il sole stava tramontando e tutti erano ancora sul posto di lavoro, quando arrivò la notizia della scomparsa di Robert, un bambino di sei anni. Decisero che il settimo giorno avrebbero chiamato le forze speciali e il caso sarebbe passato nelle loro mani. Dispiaceva ammettere la propria incapacità, ma era l’unica soluzione possibile.
Edward giunse a casa verso la mezzanotte e si sfogò tra le braccia amorevoli di Iris che lo accarezzava silenziosa. Era veramente distrutto.
Il settimo giorno era appena cominciato e tutti sapevano cosa volesse dire. Nonostante gli insuccessi delle altre volte, decisero di riprovare a nascondere Edward in casa dei genitori di Robert. Quella volta sarebbe stato diverso. Edward lo immaginava, anzi lo sentiva. Tutto era cominciato quella notte. Nel sonno aveva udito una voce dentro di lui che continuava a gridare che doveva farlo. Era una voce familiare e dolcissima. Non sapeva perché, ma doveva farlo e così fece.
Si recò all’angolo tra la Neirbord e la Westcrock, alla casa di William e Sally Dendon. Bussò e spiegò con poche parole le proprie intenzioni. Edward prese il cellulare e chiamò Iris per avvertirla che non sarebbe tornato a casa. Iris non replicò e gli mandò un bacio, ma quando riappese si sentì strana, vuota…
Nel pomeriggio, tutto cambiò.
Edward era in salotto insieme a William e Sally quando sentirono aprire la porta. Ognuno rimase fermo al suo posto. La tensione era palpabile e i nervi di tutti sembravano corde di violino. Gocce di sudore, gelide e solenni, cominciarono a imperlare le loro fronti. Pochi minuti dopo Robert comparve davanti a loro. Non aveva nessuna arma e non dava l’impressione di avere intenzioni ostili. Era spento. Gli occhi erano vitrei e in volto mostrava un intenso pallore. William e Sally non resistettero all’impulso di corrergli incontro ma Edward li bloccò.
Robert alzò il braccio destro e con l’indice della mano indicò Edward.
≪Ora tu mi ascolterai senza fiatare e tutto sarà finito≫
La voce di Robert era ferma e decisa. Una voce da adulto nel corpo di un bambino. Edward non ribattè, annuì soltanto.
≪Tu, Edward l’Infallibile, anche se forse sarebbe meglio dire Edward l’Egocentrico, non hai mai perso occasione di vantarti della tua bravura, dei tuoi successi, senza pensare che le persone accanto a te potessero sentirsi inferiori ed infelici. Il Robot Mascherato voleva provarti che tu non sei infallibile. Tu, come tutti, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Nei tuoi casi avevi sempre accanto Jake. Svolgeva indagini e faceva chiamate per conto tuo, eseguiva ogni tuo ordine, ti aiutava a raggiungere la soluzione di ogni caso. Hai mai pensato a come si sentisse vedendoti prendere tutto il merito? Quanto potesse odiarti? A quanto avrebbe voluto dimostrarti che non sei infallibile? Tu eri su tutti i giornali, sempre in prima pagina e lui era solo una didascalia a fine articolo, nonostante il merito fosse di entrambi. Ma tu eri sempre troppo impegnato a vantarti dei tuoi successi per pensarci. E’ tutta colpa tua Edward.≫
Il sangue di Edward gli marcì nelle vene, davanti a quelle parole. Non ci aveva mai pensato, così come non aveva mai sospettato di Jake. Ora era tutto chiaro. I falsi allarmi, le indagini che non davano risultati e soprattutto il nemico che conosceva in anticipo ogni loro mossa. Lo psicopatico era sempre sotto i suoi occhi e lui non l’aveva mai visto. Era stato ingannato da colui che aveva sempre considerato un allievo. Allievo. Pensando a questa parola Edward comprese che lui non aveva mai visto Jake come un compagno, ma solo come un allievo. Uno che doveva imparare da lui, imparare dal maestro.
Edward abbandonò i propri pensieri e parlò con voce rotta.
≪Stai dicendo che è stato Jake?≫
Robert osservò in silenzio per un attimo prima di riprendere la parola.
≪ Io sto solo dicendo quello che mi è stato ordinato. Ha detto che tu avresti capito, Eddie Raggio di Luna…≫
Tutto fu come nei precedenti casi. Una settimana di ricerche a vuoto e infine la telefonata. Edward aveva raggiunto la casa della vittima e aveva trovato la bambina. Solita storia del robot, ma stavolta invece che piedi o mani, mancavano gli occhi, e stesso riscontro di una recente amnesia negli esami.
≪E’ un fottuto. Rapisce bambini e li trasforma in killer a sangue freddo. Ma come cazzo è possibile che non ci siano tracce. Abbiamo controllato tutto.≫
Fu proprio mentre terminava la frase che il telefono prese a suonare. Edward prese la cornetta furiosamente, aspettandosi un nuovo rapimento, ma non fu così.
≪Salve Edward. Ho vinto io, ormai credo tu l’abbia capito. Ci troviamo tra dieci minuti dove abitava Bryan.≫
La voce all’altro capo era elettronica, gelida e spaventosa. Edward pensò che fosse tutto un brutto scherzo, ma senza dire nulla riappese la cornetta e si precipitò al posto concordato.
Tutto si presentava tranquillo, come ogni volta che i bambini erano riapparsi accanto ai cadaveri dei loro amati genitori. La porta era aperta e dall’interno usciva una luce gialla. Edward entrò.
Quando fu dentro richiuse la porta dietro di sé e una voce lo chiamo dal salotto.
≪Prego Edward si accomodi pure.≫
Un brivido gli fece accapponare la pelle. Quella voce elettronica e diabolica faceva tutto un altro effetto dal vivo. La sentiva muoversi dentro le viscere come un serpente nevrotico. Estrasse la pistola e raggiunse il salotto. Una stanza arredata in modo raffinato, colma di quadri prestigiosi, l’unica cosa che stonava era sul divano. Una sagoma umana, che indossava quella che sembrava una tuta antiradiazioni color argento e un casco simile a un personaggio di fantascienza che distorceva la voce. Edward non ci pensò nemmeno un istante e puntò la pistola verso l’individuo.
≪Se fai un movimento ti apro un buco in fronte.≫
Le minacce non sembrarono sortire il minimo effetto e in tutta risposta lo strano soggetto invitò Edward a sedersi a lui.
≪Edward, sono qui per costituirmi non per farti del male≫
Edward non si accomodò. Ordinò all’individuo di levarsi la maschera. E così fu. I battiti del cuore acceleravano man mano che il casco robotico si sfilava e i primi tratti di volto comparivano. Quando fu smascherato Edward rimase sorpreso. Una donna. E lui la conosceva. Si trattava di Kelly Winchester, un ex chirurgo andata in pensione qualche anno prima. Era una carissima amica di sua moglie e un paio di volte avevano persino cenato insieme. Tutto questo gli sembrava impossibile.
≪Kelly?≫
≪Eh si Edward. Sono proprio io il robot con la maschera. Avanti arrestami.≫
E cosi fu.
Edward raggiunse la centrale e interrogò Kelly sui precedenti omicidi, per conoscere motivazioni e altro. La donna rispose a tutte le domande senza indugi, confermando di essere ciò che diceva. Fu sottoposta a vari esami e quello che ne risultò non fu per nulla positivo. Kelly era stata colpita da una recente amnesia. Edward giunse alla conclusione che anche lei fosse stata usata dal vero Robot Mascherato come capro espiatorio. Tornò a casa, cenò insieme a Iris e parlarono del fatto che il Robot Mascherato era stato preso, ma che lui non ne era affatto convinto di com’erano andate le cose. Non riusciva a comprendere le motivazioni di Kelly.
≪Ti ho sempre invidiato. Tu sei sulla bocca di tutti, sei L’Infallibile e io volevo far vedere che anche tu potevi fallire≫
Quelle parole suonavano strane come un uovo di pasqua a Natale. Se lei voleva dimostrare che lui poteva fallire, perché smettere? E soprattutto perché consegnarsi a lui e non a qualcun altro, in modo da sminuire Edward pubblicamente? Mise fine ai suoi dubbi pensando che il gesto fosse per una sfida personale e che Kelly non avesse avuto il minimo interesse a rendere pubblica la sua vittoria. Con questo pensiero si mise a letto e dormì fino al mattino.
Giunse sul posto di lavoro alle otto e trenta. Era passato quasi un mese dall’ultimo rapimento quando il telefono squillò. Edward rispose e venne a conoscenza di un furto in una piccola tabaccheria. Chiamò una pattuglia e nell’arco di un paio d’ore fu tutto risolto.
Stava per andare a casa, quando il telefono prese a squillare per la terza volta in quel giorno.
≪Vorrei denunciare una scomparsa. Si tratta di mio figlio Kevin, ha solo otto anni e non è ancora rientrato a casa≫
Edward impallidì e un per un istante temette di svenire. L’incubo era ricominciato. Nonostante era preparato all’evenienza il colpo fu piuttosto duro. Rispose che se ne sarebbe occupato subito e così fu. La sera stessa iniziarono le ricerche, come sempre con risultati negativi. Trascorse una settimana e Kevin fu ritrovato accanto al corpo di suo padre e sua madre. Il procedimento fu lo stesso e i risultati identici. Amnesia.
L’unica differenza stava sempre nel robot mascherato, a cui ora mancava un braccio.
Edward tornò ad indagare su ogni persona appartenente al campo medico e chimico, ma senza risultati positivi. La memoria poteva venire cancellata tramite droghe chimiche, ma dagli esami del sangue non era rinvenuto nulla. Avevano anche tentato di usare un bambino come esca, ma il Robot Mascherato non ci era cascato. Ormai nessuno sapeva più cosa fare. Il Robot sembrava conoscere ogni loro mossa.
Il sole stava tramontando e tutti erano ancora sul posto di lavoro, quando arrivò la notizia della scomparsa di Robert, un bambino di sei anni. Decisero che il settimo giorno avrebbero chiamato le forze speciali e il caso sarebbe passato nelle loro mani. Dispiaceva ammettere la propria incapacità, ma era l’unica soluzione possibile.
Edward giunse a casa verso la mezzanotte e si sfogò tra le braccia amorevoli di Iris che lo accarezzava silenziosa. Era veramente distrutto.
Il settimo giorno era appena cominciato e tutti sapevano cosa volesse dire. Nonostante gli insuccessi delle altre volte, decisero di riprovare a nascondere Edward in casa dei genitori di Robert. Quella volta sarebbe stato diverso. Edward lo immaginava, anzi lo sentiva. Tutto era cominciato quella notte. Nel sonno aveva udito una voce dentro di lui che continuava a gridare che doveva farlo. Era una voce familiare e dolcissima. Non sapeva perché, ma doveva farlo e così fece.
Si recò all’angolo tra la Neirbord e la Westcrock, alla casa di William e Sally Dendon. Bussò e spiegò con poche parole le proprie intenzioni. Edward prese il cellulare e chiamò Iris per avvertirla che non sarebbe tornato a casa. Iris non replicò e gli mandò un bacio, ma quando riappese si sentì strana, vuota…
Nel pomeriggio, tutto cambiò.
Edward era in salotto insieme a William e Sally quando sentirono aprire la porta. Ognuno rimase fermo al suo posto. La tensione era palpabile e i nervi di tutti sembravano corde di violino. Gocce di sudore, gelide e solenni, cominciarono a imperlare le loro fronti. Pochi minuti dopo Robert comparve davanti a loro. Non aveva nessuna arma e non dava l’impressione di avere intenzioni ostili. Era spento. Gli occhi erano vitrei e in volto mostrava un intenso pallore. William e Sally non resistettero all’impulso di corrergli incontro ma Edward li bloccò.
Robert alzò il braccio destro e con l’indice della mano indicò Edward.
≪Ora tu mi ascolterai senza fiatare e tutto sarà finito≫
La voce di Robert era ferma e decisa. Una voce da adulto nel corpo di un bambino. Edward non ribattè, annuì soltanto.
≪Tu, Edward l’Infallibile, anche se forse sarebbe meglio dire Edward l’Egocentrico, non hai mai perso occasione di vantarti della tua bravura, dei tuoi successi, senza pensare che le persone accanto a te potessero sentirsi inferiori ed infelici. Il Robot Mascherato voleva provarti che tu non sei infallibile. Tu, come tutti, hai bisogno di qualcuno che ti aiuti. Nei tuoi casi avevi sempre accanto Jake. Svolgeva indagini e faceva chiamate per conto tuo, eseguiva ogni tuo ordine, ti aiutava a raggiungere la soluzione di ogni caso. Hai mai pensato a come si sentisse vedendoti prendere tutto il merito? Quanto potesse odiarti? A quanto avrebbe voluto dimostrarti che non sei infallibile? Tu eri su tutti i giornali, sempre in prima pagina e lui era solo una didascalia a fine articolo, nonostante il merito fosse di entrambi. Ma tu eri sempre troppo impegnato a vantarti dei tuoi successi per pensarci. E’ tutta colpa tua Edward.≫
Il sangue di Edward gli marcì nelle vene, davanti a quelle parole. Non ci aveva mai pensato, così come non aveva mai sospettato di Jake. Ora era tutto chiaro. I falsi allarmi, le indagini che non davano risultati e soprattutto il nemico che conosceva in anticipo ogni loro mossa. Lo psicopatico era sempre sotto i suoi occhi e lui non l’aveva mai visto. Era stato ingannato da colui che aveva sempre considerato un allievo. Allievo. Pensando a questa parola Edward comprese che lui non aveva mai visto Jake come un compagno, ma solo come un allievo. Uno che doveva imparare da lui, imparare dal maestro.
Edward abbandonò i propri pensieri e parlò con voce rotta.
≪Stai dicendo che è stato Jake?≫
Robert osservò in silenzio per un attimo prima di riprendere la parola.
≪ Io sto solo dicendo quello che mi è stato ordinato. Ha detto che tu avresti capito, Eddie Raggio di Luna…≫