Secondo Giorno
Alla fine, nonostante l’angoscia derivante da quella strana ombra che ho visto, la stanchezza ha prevalso. Gli occhi sono diventati troppo pesanti per poterli tenere aperti e mi sono addormentato. Per quanto possa sembrare strano il sonno è stato piacevole. Non uno dei migliori, ovvio, ma tuttavia degno di tale nome. Non ricordo se o cosa ho sognato. Ammetto che appena ho aperto gli occhi ho subito pensato all’ombra; se avesse avuto intenzioni malvagie avrebbe potuto approfittarne, ma non l'ha fatto. Questo non esclude in alcun modo la possibilità che abbia intenzioni ostili, potrebbe voler giocare un po’ con me, prima di procedere verso i suoi obiettivi. Tuttavia, questa potrebbe anche essere la prova che quell’ombra fosse solo una visione dovuta a qualche gioco di luce o alla mia mente stressata. Questi dubbi non mi sono certo d'aiuto, anzi l'ansia continua a scorrere nelle mie vene rendendo il mio sangue denso come petrolio. In tutto ciò, comunque, c'è una parte d'ironia. Ho sognato per una vita di avere simili esperienze ed ora vorrei essere ovunque tranne che in questa casa. Ovunque.
Non ho mai dato molta importanza hai suoni e ai rumori, molte volte li lasciavo passare senza dar loro la minima attenzione, come se non esistessero. Ora capisco che sbagliavo. Loro ti distraggono, fanno da scudo ad un esercito di pensieri e paure. Adesso sono indifeso. Questo diario non tiene occupata la mente abbastanza per impedire ai timori nascosti nella mia mente di aggredirmi. Il silenzio è come un velo nero davanti ad un arma carica. Ti impedisce di capire la minaccia, ma non di sentirti minacciato.
E quando la mente non sa, la mente ha paura.
Proietta il nostro corpo in un calvario di disagi; minuscoli spilli roventi che all'improvviso penetrano in profondità nella nostra pelle. Dapprima lo stomaco si chiude, stretto in una morsa possente, poi tendini e nervi saltano provocando piccole convulsioni involontarie. Infine lacrime salate affiorano negli occhi per poi scivolare sulla pelle. Il vuoto lasciato dalle sicurezze perdute si riempie di gelide tenebre.
In questa casa l’ansia non mi abbandonerà mai. Potrebbe succedere qualsiasi cosa senza che io possa accorgermene. Persino ora, mentre scrivo queste parole i miei occhi danzano da una parte all'altra della stanza, spaventati e attenti. In questo momento, in qualunque altra stanza al di fuori di questa, potrebbe esserci nascosto qualcuno. I dubbi si rincorrono nella mia mente come bambini scatenati e dispettosi e io mi divido. Una parte di me vorrebbe perlustrare nuovamente ogni stanza per cercare di riacquisire almeno una piccola parte di quella tranquillità che ormai ho quasi perso del tutto. L’altra parte, invece, mi implora di stare qui, seduto dietro questo tavolo, per la paura di scoprire cose che invece distruggerebbero per sempre quel pizzico di tranquillità che ancora conservo. Queste situazioni mi consumeranno come un tumore maligno che lentamente divora il corpo.
Mi mancano i rumori. Ho provato a riprodurre nella mia testa ogni tipo di rumore, quello del traffico, dei clacson. Il suono del campanello di casa mia (quanto mi manca quel suono che solo fino a ieri mi dava così fastidio), la melodia di una canzone. Persino quei motivetti delle pubblicità o dei tormentoni estivi, che per quanto orribili s’insinuano nella testa senza chiedere permesso, sono ormai dimenticati. Ho troppa angoscia nella mente e l'unica cosa che ho potuto riprodurre sono i lamenti straziati di anime che vengono strappate da artigli deformi di creature indefinibili, descritti da nei vari racconti che ho letto.
L’atmosfera è impenetrabile. L’aria è fresca ma ha l’aroma della solitudine e della tristezza. Mi sembra di respirare i sogni infranti di una moltitudine di persone, che probabilmente sono state qui prima di me. Chissà cos’hanno visto, cos’hanno pensato. Per quanto riesca a percepire nell’aria la pesantezza dei loro pensieri, non riesco a immaginare quali possano essere stati. Forse qualcuno di loro aveva famiglia.
Nonostante sia solo il secondo giorno mi sento strappato dal mondo, come se non fossi mai esistito. Non che fuori ci sia qualcuno ad aspettarmi o a cercarmi. Sento soltanto la mancanza di quelle facce conosciute appartenenti a persone sconosciute che si vedono la sera nei locali. Sono solo, abbandonato al mio destino e condannato dai miei sogni. Ho vissuto per essi e per essi morirò. E’ strabiliante la facilità con cui i sogni si trasformano in incubi orrendi.
La speranza di uscire da qui mi sta abbandonando. La sua luce diventa sempre più flebile e l'oscurità che la circonda sempre più avvolgente. Ben presto le tenebre che si celano dietro il silenzio mi avranno e allora solo Dio sa cosa ne sarà di me.
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Ho riacceso il cellulare poco fa e sono già le dieci di sera. Mi sembra di essermi svegliato da poco eppure sento già la stanchezza. E’ come se il tempo all’interno della casa stia mutando. Le ore passano come minuti e i minuti come secondi.
Ho fame. E’ da ieri pomeriggio, quando ancora ero fuori di qui, che non mangio. E’ strano come la mente riesce a essere terrorizzata ma non smetta di trascurare i bisogni fisici. Ricordo che ieri, durante la mia perlustrazione, ho notato del cibo e dell’acqua nel frigo. Se non ricordo male c’era della frutta e una confezione bianca di quelle tipiche delle pasticcerie. Forse una torta. Credo che non l’aprirò mai, non voglio scoprire cosa contiene. Sicuramente sarà una scherzo di Richard.
Richard Lancaster, tu sia maledetto…
Nonostante la fame l’idea di andare in cucina mi terrorizza, ma percepisco i movimenti dello stomaco, che ora è muto come tutto il resto. La cucina si trova di fronte alla stanza dove sono io, non è un tragitto lungo, ma l’idea che quella ombra possa essere in giro mi blocca.
Quanto è terrificante sentirsi ostaggi di qualcuno o qualcosa che non si vede e non si conosce. Ogni cellula del mio corpo è infettata da dubbi che si sono diffusi all’interno di me come un virus.
Come per destino la struttura della casa è fatta in modo da aumentare a dismisura l’ansia; ogni stanza comunica con un’altra. Potrei esplorare tutte le stanze mentre quell’ombra scappi in quella accanto, prendendosi gioco di me e ridendo. Una risata sicuramente sadica e maligna, seppur muta.
Per semplificarvi la situazione farò un piccolo schizzo.
Non ho mai dato molta importanza hai suoni e ai rumori, molte volte li lasciavo passare senza dar loro la minima attenzione, come se non esistessero. Ora capisco che sbagliavo. Loro ti distraggono, fanno da scudo ad un esercito di pensieri e paure. Adesso sono indifeso. Questo diario non tiene occupata la mente abbastanza per impedire ai timori nascosti nella mia mente di aggredirmi. Il silenzio è come un velo nero davanti ad un arma carica. Ti impedisce di capire la minaccia, ma non di sentirti minacciato.
E quando la mente non sa, la mente ha paura.
Proietta il nostro corpo in un calvario di disagi; minuscoli spilli roventi che all'improvviso penetrano in profondità nella nostra pelle. Dapprima lo stomaco si chiude, stretto in una morsa possente, poi tendini e nervi saltano provocando piccole convulsioni involontarie. Infine lacrime salate affiorano negli occhi per poi scivolare sulla pelle. Il vuoto lasciato dalle sicurezze perdute si riempie di gelide tenebre.
In questa casa l’ansia non mi abbandonerà mai. Potrebbe succedere qualsiasi cosa senza che io possa accorgermene. Persino ora, mentre scrivo queste parole i miei occhi danzano da una parte all'altra della stanza, spaventati e attenti. In questo momento, in qualunque altra stanza al di fuori di questa, potrebbe esserci nascosto qualcuno. I dubbi si rincorrono nella mia mente come bambini scatenati e dispettosi e io mi divido. Una parte di me vorrebbe perlustrare nuovamente ogni stanza per cercare di riacquisire almeno una piccola parte di quella tranquillità che ormai ho quasi perso del tutto. L’altra parte, invece, mi implora di stare qui, seduto dietro questo tavolo, per la paura di scoprire cose che invece distruggerebbero per sempre quel pizzico di tranquillità che ancora conservo. Queste situazioni mi consumeranno come un tumore maligno che lentamente divora il corpo.
Mi mancano i rumori. Ho provato a riprodurre nella mia testa ogni tipo di rumore, quello del traffico, dei clacson. Il suono del campanello di casa mia (quanto mi manca quel suono che solo fino a ieri mi dava così fastidio), la melodia di una canzone. Persino quei motivetti delle pubblicità o dei tormentoni estivi, che per quanto orribili s’insinuano nella testa senza chiedere permesso, sono ormai dimenticati. Ho troppa angoscia nella mente e l'unica cosa che ho potuto riprodurre sono i lamenti straziati di anime che vengono strappate da artigli deformi di creature indefinibili, descritti da nei vari racconti che ho letto.
L’atmosfera è impenetrabile. L’aria è fresca ma ha l’aroma della solitudine e della tristezza. Mi sembra di respirare i sogni infranti di una moltitudine di persone, che probabilmente sono state qui prima di me. Chissà cos’hanno visto, cos’hanno pensato. Per quanto riesca a percepire nell’aria la pesantezza dei loro pensieri, non riesco a immaginare quali possano essere stati. Forse qualcuno di loro aveva famiglia.
Nonostante sia solo il secondo giorno mi sento strappato dal mondo, come se non fossi mai esistito. Non che fuori ci sia qualcuno ad aspettarmi o a cercarmi. Sento soltanto la mancanza di quelle facce conosciute appartenenti a persone sconosciute che si vedono la sera nei locali. Sono solo, abbandonato al mio destino e condannato dai miei sogni. Ho vissuto per essi e per essi morirò. E’ strabiliante la facilità con cui i sogni si trasformano in incubi orrendi.
La speranza di uscire da qui mi sta abbandonando. La sua luce diventa sempre più flebile e l'oscurità che la circonda sempre più avvolgente. Ben presto le tenebre che si celano dietro il silenzio mi avranno e allora solo Dio sa cosa ne sarà di me.
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Ho riacceso il cellulare poco fa e sono già le dieci di sera. Mi sembra di essermi svegliato da poco eppure sento già la stanchezza. E’ come se il tempo all’interno della casa stia mutando. Le ore passano come minuti e i minuti come secondi.
Ho fame. E’ da ieri pomeriggio, quando ancora ero fuori di qui, che non mangio. E’ strano come la mente riesce a essere terrorizzata ma non smetta di trascurare i bisogni fisici. Ricordo che ieri, durante la mia perlustrazione, ho notato del cibo e dell’acqua nel frigo. Se non ricordo male c’era della frutta e una confezione bianca di quelle tipiche delle pasticcerie. Forse una torta. Credo che non l’aprirò mai, non voglio scoprire cosa contiene. Sicuramente sarà una scherzo di Richard.
Richard Lancaster, tu sia maledetto…
Nonostante la fame l’idea di andare in cucina mi terrorizza, ma percepisco i movimenti dello stomaco, che ora è muto come tutto il resto. La cucina si trova di fronte alla stanza dove sono io, non è un tragitto lungo, ma l’idea che quella ombra possa essere in giro mi blocca.
Quanto è terrificante sentirsi ostaggi di qualcuno o qualcosa che non si vede e non si conosce. Ogni cellula del mio corpo è infettata da dubbi che si sono diffusi all’interno di me come un virus.
Come per destino la struttura della casa è fatta in modo da aumentare a dismisura l’ansia; ogni stanza comunica con un’altra. Potrei esplorare tutte le stanze mentre quell’ombra scappi in quella accanto, prendendosi gioco di me e ridendo. Una risata sicuramente sadica e maligna, seppur muta.
Per semplificarvi la situazione farò un piccolo schizzo.
Ho pensato anche di barricare alcune porte, facendo in modo che ci sia solo un entrata ed un’uscita per ogni stanza. Tuttavia, nello stesso modo in cui renderebbe più difficile muoversi, per un eventuale aggressore (ammesso che ci sia qualcuno nascosto), escluderebbe la maggior parte delle vie di fuga a me. Quindi è un idea che ho escluso a priori.
Devo farmi coraggio. Lo stomaco sta cominciando a fare sempre più male, ho assoluto bisogno di mangiare. Ho deciso che andrò in cucina e mi barricherò lì. La configurazione della stanza è identica al soggiorno in cui mi trovo ora, quindi sarò protetto (che parola grossa in questa situazione) allo stesso modo e in più non dovrò spostarmi per nutrirmi.
Avrei dovuto pensarci ieri, ma la mia mente era meno collaborativa di ora. Per quanto i dubbi e la paura non siano calati è venuto a mancare quell’effetto sorpresa che ti sconnette il cervello.
E’ venuto il momento di muovermi. Correrò.
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Sono in cucina e per quanto si sia trattato di fare pochi metri il cuore sta esplodendo dentro al petto e i respiri sono diventati affannosi. Non mi sono voltato, ho guardato dritto e mi sono precipitato. Ho preso in fretta e furia il piccolo tavolo di legno e l’ho disposto nell’angolo esattamente come avevo fatto in precedenza. In questo modo posso tenere sotto controllo entrambe le porte d’accesso.
La frutta è gelida e non ha un ottimo sapore, almeno le mele, ma il mio stomaco sembra comunque gradire la sostanza. Oltre alla frutta c’era anche la scatola bianca, ricordavo bene, e per un attimo ho pensato di aprirla. Nella mia mente ho visto l’immagine di me che l’afferravo e sollevavo il coperchio, come una sorta d’illuminazione paradisiaca e infernale allo stesso tempo.
E’ stato come se dovessi farlo. Ho avvicinato le mani ad essa, fino a sfiorarla e poi le ho ritratte di scatto come se avessi toccato qualcosa di rovente e ho richiuso il frigo.
C’è qualcosa che vibra in quella scatola…