Stanza #1
La Torre degli Orrori era davanti a me.
Conclusa la lunga scalinata (ho ancora in mente i serpenti di sangue che scorrono lungo le pareti, cazzo erano reali non era la mia suggestione, ne sono sicuro) mi ritrovai in una radura. Appena sceso dall’ultimo gradino il tunnel d’acceso svanì nel nulla. Non potevo più tornare indietro. Il cielo era porpora e colossali nuvole nere spuntavano in vari punti come tumori della pelle. La Torre era lì, nel esatto centro di quel macabro paesaggio. Non era immensa. Il colore era indefinibile per via dei riflessi del cielo, dell’oscurità e della lontananza, ma sembrava rosa. Le linee erano deformi. Come ho già detto la struttura era ancora lontana eppure non avevo dubbi su quel dettaglio. Gli alberi nella zona circostante erano spogli e capovolti, con le radici che si allungavano verso il cielo come mani caritatevoli. Mi avvicinai. Quando fui a pochi metri dall’edificio il mio stomaco si strinse in una gelida morsa di terrore. La deformità delle pareti era costituita da corpi umani inchiodati alle mura in varie posizioni. Le carcasse ricoprivano per intero il perimetro della struttura rendendone impercebile il colore originario. Osservando la cima si potevano due finistre. Avevano le inferriate e brillavano di una luce sanguinosa.
La porta d’ingresso sembrava un vortice di oscurità. Quando fui abbastanza vicino notai che sul cadavere accanto alla porta c’era incisa una scritta. Nata dal male, per il male. La Torre degli Orrori qui giace. Troppo crudele per l’inferno,troppo giustiziera per il paradiso e troppo forte per entrambi.
L’atmosfera era inquietante. Paura e angoscia danzavano nella mia mente.Sarei voluto scappare ma la strada per tornare indietro era bloccata quindi non ebbi scelta. Entrai.
L’interno era illuminato da pallide luci che sembravano quelle di un ospedale o di una prigione. Ogni tanto sfarfallavano, accompagnato dal loro monotono ronzio. L’aria era umida e odorava di acqua stagnata e muffa. Mi guardai intorno. Le pareti erano ricoperte di muschio e qualche metro davanti a me c’era una specie di tunnel. Largo e non troppo lungo (almeno così avevo dedotto osservando la struttura dall’esterno) assomigliava una gola oscura pronta a inghiottirmi. Appeso sulla destra c’era un foglio con una piantina. Mi avvicinai per studiarla. Indicava che c’erano dodici piani. Ognuno di essi formato da una stanza. Oltre quella stanza era indicata una scala che portava al piano superiore.
Mi voltai e mi sentii sfiorare. Fu un contatto viscido. Rivolsi subito lo sguardo in quella direzione, con il cuore che galoppava in petto, e vidi il muschio che deformandosi si protendeva verso di me come per afferarmi. Balzai indietro. Scappai verso il tunnel ed mi trovai di fronte ad una porta. Sopra la porta c’era un orologio di metallo arrugginito a forma di ariete. Le lancette erano entrambe ferme sull’uno.
Entrai.
La porta si richiuse alle mie spalle, poi scomparve nel nulla lasciando al suo posto un velo di oscurità totale. La stanza era completamente buia e silenziosa. Non potevo vederne i confini ma percepivo la sua grandezza. Nonostante il buio assoluto iniziai a camminare. Stando alla piantina ogni porta era perfettamente di fronte all’altra. Dopo alcuni passi la stanza si illuminò a giorno, rivelando la sua vera identità. Era una sala vuota delimitata da pareti metallo bianco. Ricordava una stanza per interrogatori.
Buona visione gentile spettatore. Spero che lo spettacolo sia di vostro gradimento, in quanto non sarà possibile uscire da questa stanza sino al termine di esso.
La voce riecheggio metallica nel nulla di quella stanza. Corde d’ombra sbucarono fuori dall’oscurità e si avvolsero intorne a me come un serpente.
La parete di fronte a me iniziò a sollevarsi come un sipario e le dimensioni della stanza raddoppiarono. Dall’altra parte del muro c’erano una donna e un uomo. Lei era legata ad una sedia di legno con delle corde di canapa. Indossava un completo scolastico. Minigonna scozzese e camicetta bianca. Doveva avere circa diciotto anni. Il bavaglio alla bocca le impediva di gridare. La sedia era inchiodata al pavimento e nonostante gli sforzi della giovane non cedeva di un millimetro.
Davanti di lei c’era un uomo di statura bassa e decisamente grasso. Le passò accanto un paio di volte, senza rivolgerle il minimo sguardo. Camminava avanti e indietro con passo solenne tenendo le mani, l’una nell’altra, dietro la schiena. Non riuscivo a vedergli il viso. Qualche attimo dopo, probabilmente irritato dal dimenarsi ella giovane, le mollò uno schiaffo così potente da far vibrare la sedia nelle fondamenta.
Smettila, disse, non è colpa mia. Pensi che abbia scelto io di essere così brutto? E’ questo che pensi? Se Dio è benevole perchè mi ha fatto questo? Perchè?
La voce dell’uomo era potente e piena di collera e con l’indice destro si indicò il viso. Poi si voltò verso di me, ma per lui era come se io non esistessi. Tuttavia, grazie a quel gesto, riuscii a vedere il suo volto. Era deformato. Non c’era traccia delle labbra. I denti giallognoli sporgevano fuori dalla carne esposta come quelli di un cavallo. Ne fui inorridito. Si girò verso la ragazza e le tolse il bavaglio.
Pensi sia colpa mia? Rispondi puttana.
Lasciami andare, gridò lei in preda alla disperazione. Le lacrime iniziarono a scendere copiose dagli occhi. Non aveva paura, era terrorizzata. Lui sembrò non dare peso alle emozioni della giovane e prosegui nel suo discorso.
Io ti amo, ma tu mi respingi per questo mio difetto. E’ orribile, lo so, ma non è colpa mia. E poi non è forse meno orribile del tuo segreto? Io lo so. Tu hai ucciso il cagnolino di tua sorella solo perchè aveva pisciato nel tuo letto. A differenza tua, però, io ti amo anche se sei così orribile e ti mostrerò una altra cosa.
L’uomo tirò fuori dalla tasca una lama e iniziò a incidere nella pelle della ragazza. Le urla agonizzanti di lei risuonavano come anime straziate all’interno della stanza.
Fermo, gridai. Sembrò non sentirmi. Cercai di muovermi ma le ombre me lo impedirono.
Pochi minuti dopo lui reggeva nelle mani le labbra asportate della ragazza, mentre lei era ridotta a un fiume di sangue.
Ora osserva, disse l’uomo prima di calarsi su di lei. Iniziò a baciarla sui denti serrati e macchiati di sangue. La lingua scivolava sulla ferita aperta, viscida e perversa come un serpente. Iniziò a leccarla con maggiore passione. Gli venne un erezione, si sbottonò i pantaloni e cominciò a lavorare di mano. L’eccitazione divampò e lui diventò una furia. Le strappò i vestiti di dosso. Il sangue che sgorgava dalla bocca tinse di rosso il seno e l’addome della ragazza. Lacerò anche le mutandine. Ora mentre la mano destra lavorava all’arnese di lui la sinistra era scomparsa tra le cosce della ragazza. Il sangue non accennava a smettere. Le sfilò la mano dalle cosce e iniziò a schiaffeggiarle il seno insanguinato. Le morse un capezzolo con tanta forza da strapparglielo, glielo mostrò mentre lo teneva sulla punta della lingua, e poi lo ingoiò. Stessa cosa per l’altro. La ragazza era ormai in preda a un dolore che mi è impossibile immaginare e descrivere. Pochi minuti dopo lui raggiunse l’orgasmo, schizzando addosso alla ragazza.
Quando ebbe finito, si scostò da lei e rimase a contemplarla per qualche istante, prima di parlare.
Vedi? Questa è la differenza tra me e te. Per me tu sei bellissima anche ora, ricoperta di sangue, senza labbra e senza capezzoli.
Rise. Era una risata sadica e folle. Si tolse la maglietta e la lanciò sul pavimento. Per la prima volta lo vidi a petto nudo e notai che non era umano. Dalla carne della sua schiena spuntavano due volti. Deformi come il viso dell’uomo (anche se forse chiamarlo cosi è un errore). Si voltò porgendo le spalle alla donna e si mise in ginocchio. Lingue di almeno trenta centimetri uscirono dai volti sulla schiena dell’essere e iniziarono a leccare il sangue dal corpo della ragazza. Lui sembrò goderne immensamente. Iniziò a sfregarsi il volto con le mani. Afferrò i lati della bocca e con un rapido gesto si strappò via la pelle rivelando un corpo deforme composto da decine e decine di volti umani con espressione estasiate.
Non ho scelto io di nascere così, gridò al cielo con una voce liquida, come se urlasse sott’acqua.
Si rialzò, prese la sedia e la scaraventò via. La ragazza era ormai priva di vita. Dietro la sedia c’era una tanica. L’essere se la rovesciò addosso. L’odore di benzina si diffuse nell’aria e pochi istanti dopo il mostro s’incendiò. Avanzò verso me. Cercai di liberarmi. Fu inutile. Si avvicinò così lento che potevo sentire il cuore martellarmi in gola come una mazza chiodata. L’ansia sostituì ben presto ogni altra emozione. Lento, lento. Cercai per l’ennesima volta di liberarmi da quelle corde di ombra ma fu di nuovo inutile. L’essere all’improvviso partì fulmineo verso di me...mi passò attraverso e scomparve.
Sul fondo della stanza comparve una porta e si udì il rumore di una serratura. Le ombra mi rilasciarono. Caddi sul ginocchia.
Spero che lo spettacolo le sia piaciuto. Raggiunga la stanza numero 2.
Conclusa la lunga scalinata (ho ancora in mente i serpenti di sangue che scorrono lungo le pareti, cazzo erano reali non era la mia suggestione, ne sono sicuro) mi ritrovai in una radura. Appena sceso dall’ultimo gradino il tunnel d’acceso svanì nel nulla. Non potevo più tornare indietro. Il cielo era porpora e colossali nuvole nere spuntavano in vari punti come tumori della pelle. La Torre era lì, nel esatto centro di quel macabro paesaggio. Non era immensa. Il colore era indefinibile per via dei riflessi del cielo, dell’oscurità e della lontananza, ma sembrava rosa. Le linee erano deformi. Come ho già detto la struttura era ancora lontana eppure non avevo dubbi su quel dettaglio. Gli alberi nella zona circostante erano spogli e capovolti, con le radici che si allungavano verso il cielo come mani caritatevoli. Mi avvicinai. Quando fui a pochi metri dall’edificio il mio stomaco si strinse in una gelida morsa di terrore. La deformità delle pareti era costituita da corpi umani inchiodati alle mura in varie posizioni. Le carcasse ricoprivano per intero il perimetro della struttura rendendone impercebile il colore originario. Osservando la cima si potevano due finistre. Avevano le inferriate e brillavano di una luce sanguinosa.
La porta d’ingresso sembrava un vortice di oscurità. Quando fui abbastanza vicino notai che sul cadavere accanto alla porta c’era incisa una scritta. Nata dal male, per il male. La Torre degli Orrori qui giace. Troppo crudele per l’inferno,troppo giustiziera per il paradiso e troppo forte per entrambi.
L’atmosfera era inquietante. Paura e angoscia danzavano nella mia mente.Sarei voluto scappare ma la strada per tornare indietro era bloccata quindi non ebbi scelta. Entrai.
L’interno era illuminato da pallide luci che sembravano quelle di un ospedale o di una prigione. Ogni tanto sfarfallavano, accompagnato dal loro monotono ronzio. L’aria era umida e odorava di acqua stagnata e muffa. Mi guardai intorno. Le pareti erano ricoperte di muschio e qualche metro davanti a me c’era una specie di tunnel. Largo e non troppo lungo (almeno così avevo dedotto osservando la struttura dall’esterno) assomigliava una gola oscura pronta a inghiottirmi. Appeso sulla destra c’era un foglio con una piantina. Mi avvicinai per studiarla. Indicava che c’erano dodici piani. Ognuno di essi formato da una stanza. Oltre quella stanza era indicata una scala che portava al piano superiore.
Mi voltai e mi sentii sfiorare. Fu un contatto viscido. Rivolsi subito lo sguardo in quella direzione, con il cuore che galoppava in petto, e vidi il muschio che deformandosi si protendeva verso di me come per afferarmi. Balzai indietro. Scappai verso il tunnel ed mi trovai di fronte ad una porta. Sopra la porta c’era un orologio di metallo arrugginito a forma di ariete. Le lancette erano entrambe ferme sull’uno.
Entrai.
La porta si richiuse alle mie spalle, poi scomparve nel nulla lasciando al suo posto un velo di oscurità totale. La stanza era completamente buia e silenziosa. Non potevo vederne i confini ma percepivo la sua grandezza. Nonostante il buio assoluto iniziai a camminare. Stando alla piantina ogni porta era perfettamente di fronte all’altra. Dopo alcuni passi la stanza si illuminò a giorno, rivelando la sua vera identità. Era una sala vuota delimitata da pareti metallo bianco. Ricordava una stanza per interrogatori.
Buona visione gentile spettatore. Spero che lo spettacolo sia di vostro gradimento, in quanto non sarà possibile uscire da questa stanza sino al termine di esso.
La voce riecheggio metallica nel nulla di quella stanza. Corde d’ombra sbucarono fuori dall’oscurità e si avvolsero intorne a me come un serpente.
La parete di fronte a me iniziò a sollevarsi come un sipario e le dimensioni della stanza raddoppiarono. Dall’altra parte del muro c’erano una donna e un uomo. Lei era legata ad una sedia di legno con delle corde di canapa. Indossava un completo scolastico. Minigonna scozzese e camicetta bianca. Doveva avere circa diciotto anni. Il bavaglio alla bocca le impediva di gridare. La sedia era inchiodata al pavimento e nonostante gli sforzi della giovane non cedeva di un millimetro.
Davanti di lei c’era un uomo di statura bassa e decisamente grasso. Le passò accanto un paio di volte, senza rivolgerle il minimo sguardo. Camminava avanti e indietro con passo solenne tenendo le mani, l’una nell’altra, dietro la schiena. Non riuscivo a vedergli il viso. Qualche attimo dopo, probabilmente irritato dal dimenarsi ella giovane, le mollò uno schiaffo così potente da far vibrare la sedia nelle fondamenta.
Smettila, disse, non è colpa mia. Pensi che abbia scelto io di essere così brutto? E’ questo che pensi? Se Dio è benevole perchè mi ha fatto questo? Perchè?
La voce dell’uomo era potente e piena di collera e con l’indice destro si indicò il viso. Poi si voltò verso di me, ma per lui era come se io non esistessi. Tuttavia, grazie a quel gesto, riuscii a vedere il suo volto. Era deformato. Non c’era traccia delle labbra. I denti giallognoli sporgevano fuori dalla carne esposta come quelli di un cavallo. Ne fui inorridito. Si girò verso la ragazza e le tolse il bavaglio.
Pensi sia colpa mia? Rispondi puttana.
Lasciami andare, gridò lei in preda alla disperazione. Le lacrime iniziarono a scendere copiose dagli occhi. Non aveva paura, era terrorizzata. Lui sembrò non dare peso alle emozioni della giovane e prosegui nel suo discorso.
Io ti amo, ma tu mi respingi per questo mio difetto. E’ orribile, lo so, ma non è colpa mia. E poi non è forse meno orribile del tuo segreto? Io lo so. Tu hai ucciso il cagnolino di tua sorella solo perchè aveva pisciato nel tuo letto. A differenza tua, però, io ti amo anche se sei così orribile e ti mostrerò una altra cosa.
L’uomo tirò fuori dalla tasca una lama e iniziò a incidere nella pelle della ragazza. Le urla agonizzanti di lei risuonavano come anime straziate all’interno della stanza.
Fermo, gridai. Sembrò non sentirmi. Cercai di muovermi ma le ombre me lo impedirono.
Pochi minuti dopo lui reggeva nelle mani le labbra asportate della ragazza, mentre lei era ridotta a un fiume di sangue.
Ora osserva, disse l’uomo prima di calarsi su di lei. Iniziò a baciarla sui denti serrati e macchiati di sangue. La lingua scivolava sulla ferita aperta, viscida e perversa come un serpente. Iniziò a leccarla con maggiore passione. Gli venne un erezione, si sbottonò i pantaloni e cominciò a lavorare di mano. L’eccitazione divampò e lui diventò una furia. Le strappò i vestiti di dosso. Il sangue che sgorgava dalla bocca tinse di rosso il seno e l’addome della ragazza. Lacerò anche le mutandine. Ora mentre la mano destra lavorava all’arnese di lui la sinistra era scomparsa tra le cosce della ragazza. Il sangue non accennava a smettere. Le sfilò la mano dalle cosce e iniziò a schiaffeggiarle il seno insanguinato. Le morse un capezzolo con tanta forza da strapparglielo, glielo mostrò mentre lo teneva sulla punta della lingua, e poi lo ingoiò. Stessa cosa per l’altro. La ragazza era ormai in preda a un dolore che mi è impossibile immaginare e descrivere. Pochi minuti dopo lui raggiunse l’orgasmo, schizzando addosso alla ragazza.
Quando ebbe finito, si scostò da lei e rimase a contemplarla per qualche istante, prima di parlare.
Vedi? Questa è la differenza tra me e te. Per me tu sei bellissima anche ora, ricoperta di sangue, senza labbra e senza capezzoli.
Rise. Era una risata sadica e folle. Si tolse la maglietta e la lanciò sul pavimento. Per la prima volta lo vidi a petto nudo e notai che non era umano. Dalla carne della sua schiena spuntavano due volti. Deformi come il viso dell’uomo (anche se forse chiamarlo cosi è un errore). Si voltò porgendo le spalle alla donna e si mise in ginocchio. Lingue di almeno trenta centimetri uscirono dai volti sulla schiena dell’essere e iniziarono a leccare il sangue dal corpo della ragazza. Lui sembrò goderne immensamente. Iniziò a sfregarsi il volto con le mani. Afferrò i lati della bocca e con un rapido gesto si strappò via la pelle rivelando un corpo deforme composto da decine e decine di volti umani con espressione estasiate.
Non ho scelto io di nascere così, gridò al cielo con una voce liquida, come se urlasse sott’acqua.
Si rialzò, prese la sedia e la scaraventò via. La ragazza era ormai priva di vita. Dietro la sedia c’era una tanica. L’essere se la rovesciò addosso. L’odore di benzina si diffuse nell’aria e pochi istanti dopo il mostro s’incendiò. Avanzò verso me. Cercai di liberarmi. Fu inutile. Si avvicinò così lento che potevo sentire il cuore martellarmi in gola come una mazza chiodata. L’ansia sostituì ben presto ogni altra emozione. Lento, lento. Cercai per l’ennesima volta di liberarmi da quelle corde di ombra ma fu di nuovo inutile. L’essere all’improvviso partì fulmineo verso di me...mi passò attraverso e scomparve.
Sul fondo della stanza comparve una porta e si udì il rumore di una serratura. Le ombra mi rilasciarono. Caddi sul ginocchia.
Spero che lo spettacolo le sia piaciuto. Raggiunga la stanza numero 2.