Stanza #10
Tuttavia…avevo capito. O almeno speravo fosse così.
Improvvisamente la mia mente aveva rimosso tutti i falsi indizi, lasciando spazio solo per la verità. L’essenza della Torre, come una donna privata degli indumenti e dei cosmetici. Nuda e cruda. E come una donna, la Torre, era stata difficile da capire. Perché è così che vanno le cose. Le cose più semplici da vedere sono proprio quelle che sfuggono ai nostri sguardi, forse perché ritenute inutili o meno importanti. Ma a volte la verità è semplice. Se la nostra mente non andasse sempre alla ricerca delle cose più strane e assurde, probabilmente avremmo meno dubbi. Ora che avevo capito la Torre, un mondo nuovo si era aperto davanti a me. Non avevo la certezza, per averla avrei dovuto aspettare l’ultima stanza.
La stanza dove avrei trovato…lui.
Persino quello che era successo al mio volto iniziava ad avere un senso.
Non mi soffermai ulteriormente su vari ragionamenti, convinto com’ero di aver ormai decifrato quel codice, così semplice e scontato, che la mia mente l’aveva accantonato come inutile prima ancora che diventasse l’ombra di un pensiero.
La stanza numero dieci mi attendeva e io attendevo lei.
Al momento l’unica cosa che ancora non capivo era la differenza di linguaggio all’interno di ogni stanza, tuttavia pensavo fosse soltanto una questione secondaria.
Allontanandomi dalla stanza numero nove, l’aria cominciava a tornare quasi respirabile. Puzzava ancora di morte e decomposizione, ma perlomeno non era rovente. Mi affrettai comunque. Volevo raggiungere la stanza numero dodici al più presto possibile, per scoprire cosa sarebbe successo dopo. Sarei tornato a casa? Sarei rimasto qui per sempre diventando uno di quelli che l’uomo nella stanza numero 3 aveva chiamato Generatori? Volevo scoprirlo. Raggiunsi la porta della stanza numero dieci ed entrai senza fermarmi nemmeno per un momento ad esaminarla. Ormai era scontato. Orologio a forma di Capricorno e lancette ferme sul dieci. Le dieci e cinquanta. Stesso calcolo e stesso risultato.
Entrai.
La stanza, almeno apparentemente, sembrava più piccola delle altre. Non c’era traccia di ombre. L’intero spazio era illuminato da una luce soffusa e romantica. L’aria aveva l’aroma delle rose e delle ossa. Amore e odio. Era arredata da mobili d’antiquariato, eleganti e raffinati. Al centro della stanza c’era un letto a baldacchino, circondato da tende semi trasparenti. Pochi istanti dopo la mia entrata, la voce metallica iniziò il suo solito discorso. Stesse parole, diversa lingua. Svedese forse.
Mi avvicinai al letto. Le coperte erano disfatte e presentavano numerose macchie di sangue. Ricordai quanto accaduto nella stanza numero due e mi preparai mentalmente a subire un'altra “aggressione” dal sangue, prima di avere la visione. Vedrai cosa ci è accaduto, avevano detti i bambini nella seconda stanza. Non successe alla stessa maniera.
Il sangue iniziò a ribollire, separandosi in due forme umanoidi, prive di un anatomia distinguibile. Sembravano le due sagome presenti nel grande lampadario nella stanza dello Scorpione. Per un attimo la certezza di avere capito il meccanismo della Torre vacillò. I candelieri che si trovavano sulle mensole ai lati della stanza improvvisamente si accesero e la luce artificiale della lampada cessò, come si sentisse in imbarazzo. L’atmosfera divenne romantica e macabra allo stesso tempo. In quel preciso istante, illuminate dal passionale rossore delle candele, le due forme nate dal sangue mutarono in vere e proprie persone. Un uomo e una donna. Gocce di sangue caddero sul lenzuolo macchiato. Al contatto con la seta mutarono, trasformandosi in piccoli petali di rosa. La donna stava distesa sul letto, esibendo il corpo nudo. I lineamenti erano eleganti e sinuosi e la pelle brillava come neve al sole. Gli occhi, nonostante avessero il colore del ghiaccio, ardevano come le fiamme. Divaricò leggermente le gambe, con tanta grazia che ogni altra cosa passò in secondo piano. Era talmente bella che il solo pensiero di guardarla pareva peccaminoso. L’uomo, ancora vestito, si spogliò e prese posto accanto di lei. Sapevo per certo che a breve sarebbe accaduto qualcosa di spiacevole, tuttavia lo invidiai. Osservai le sue mani avvicinarsi ai piccoli ed eleganti seni della donna, desiderando che fossero le mie. Quel desiderio svanì nell’istante in cui li sfiorò. Un rumore secco ruppe quell’atmosfera romantica, risuonando come un proiettile sparato in chiesa. Le ossa delle mani schizzarono fuori dalla pelle, spezzate in due come ramoscelli. L’uomo lanciò un grido, che si fuse con l’atmosfera della stanza, riempendola d’orrore. Tentò di ritrarsi, ma la donna gli cinse il busto con le gambe e lo tirò verso di sé, come una ragno che abbraccia una mosca. Lui ricadde su di lei. Nei suoi occhi brillarono la paura e il desiderio. Il desiderio durò infinitamente meno, ma di sicuro fu infinitamente più piacevole. Per un istante pensai che quell’uomo sarebbe morto in maniera dolorosa, ma felice. Quanti sognano di morire avvinghiati a una donna di una bellezza indescrivibile? Molti.
Le mani di lei scivolarono, frenetiche e passionali, sul busto dell’uomo. Ogni osso che entrava in contatto con qualsiasi parte del corpo della donna si spezzava in metà e poi schizzava fuori dalla pelle come un proiettile, seguito da uno schizzo di sangue. Nonostante il dolore e le sofferenze, ogni volta che la donna apriva la bocca, lui non riusciva a resistere al desiderio di baciarla. Le costole e le vertebre si spezzarono contemporaneamente, emettendo un rumore indescrivibile. Strapparono la pelle e schizzarono verso il soffitto ad una velocità tale che al contatto con la parete esplosero, ricadendo su di loro come una spolverata di cenere. L’uomo privo di spina dorsale si piegò su se stesso come uno mollusco. Gridava e soffriva in modo atroce, ma le sue mani frantumate e sanguinanti continuavano a cercare il corpo di lei. Desideravano sfiorare quell’infinita sensualità. I piedi della donna gli sfiorarono le gambe. Lo fecero delicatamente, come le mani di una madre che accarezza il suo piccolo mentre gli augura la buonanotte. Le ossa tremarono al contatto, spezzandosi e strappando la pelle, come avevano fatto le costole e la spina dorsale in precedenza. La donna toccò l’intero corpo dell’uomo, per un totale di duecentotre ossa spezzate a metà e quattrocento sei proiettili d’ossa. Ognuno dei quali, a sua volta, pioveva su di loro come cenere. Del l’uomo non restò nulla. Solo una pozza di sangue e un mucchio di polvere d’ossa che ricoprivano il corpo nudo della donna. Lei ansimava, colorata d’avorio e cremisi, con gli occhi pieni d’eccitazione e felicità, come se avesse appena avuto l’orgasmo migliore della sua vita. E probabilmente era così. Iniziò a far scivolare le mani sul proprio corpo, gemendo e sorridendo. Portò le dita insanguinate alla bocca, leccandole con una sensualità d’oltremondo… poi tutto svanì.
La porta della stanza numero undici apparve davanti a me.
La stanza numero undici… il mio ultimo passaggio prima della fine.