Stanza #8
Corsi all’ottavo piano della Torre senza esitare un momento. Non potevo attardarmi oltre, non dopo quello che avevo visto sul mio volto. Era…
Mi arrampicai sui freddi pioli della scala esterna in fretta e furia e arrivai di fronte alla nuova stanza. Come per le altre sulla porta c’era un orologio. A forma di Scorpione questa volta e le lancette erano entrambe bloccate sul numero otto.
Varcai la soglia. Strano a dirsi ma in quel momento quasi non mi importava nulla di quello che sarebbe accaduto all’interno. Volevo solo giungere alla fine di tutto al più presto.
La stanza si presenteva buia, fatta eccezione per un grosso lampadario a sfera al centro che emetteva una flebile luce rossa.
La voce metallica riecheggiò come in ogni altra stanza e per l’ennesima volta la lingua fu diversa. Una lingua incomprensibile. Tuttavia pensai che il discorso fosse sempre lo stesso.
Concluso il breve discorso tutto ebbe inizio.
Improvvisamente la stanza venne illuminata a giorno rivelando la sua vera faccia. A differenza di tutte le altre aveva una forma sferica. Donne prive di vestiti erano crocifisse alle pareti. Erano vive ma i loro occhi sembrano privi di qualsiasi emozione. Occhi che avevano visto l’inferno e ne erano sopravvissuti.
Cascate cristalline cominciarono a scorrere lungo le pareti in senso alternato. Un fumo azzurrognolo si librava dall’acqua invadendo la stanza. Le donne investite dal flusso iniziarono a gridare e a contorcersi con movimenti deformi. Gli schizzi d’acqua danzarono per tutta la stanza e quando uno mi arrivò addosso compresi una cosa. L’acqua era bollente e…
E c’erano dei vetri. Minuscoli frammenti affillati danzavano all’interno dell’acqua.
Mi portai il più possibile al centro della stanza, posizionandomi quasi sotto al grosso lampadario.
I corpi delle donne cominciarono a ustionarsi. L’acqua scorreva lenta, come se volesse infondere un pizzico di eleganza in quella atrocità. La pelle dapprima si arrosava, poi vere e proprie bolle iniziarono a diffondersi su tutto il corpo. Si formavano e venivano lacerate dai frammenti di vetro. Perle di sangue si perdevano nel colore cristallino delle cascate. Si muovevano come se respirassero. E loro urlavano. E’ impossibile descrivere il suono di quelle urla. Erano come migliaia di angeli che venivano bruciati dalle fiamme dell’inferno. Più la pelle si deformava e più le urla aumentavano d’intensità. Quando tutto il corpo diventò un ammasso informe, la pelle si staccò definitivamente emettendo un rumore viscido. I corpi scarnificati si mosserò convulsivamente sotto l’acqua bollente che diventava sempre più rossa. I muscoli esposti al getto cominciarono ad annerirsi mentre i tendini e i legamenti si spezzavano. E le grida diventavano sempre più strazianti. Il suono entrava nelle mie orecchie come un gigantesco ago rovente e lo sentivo conficcarsi nel cervello. L’avrei ricordato per sempre. Il sangue scorreva a fiumi e i fasci muscolari cominciavano a loro volta a diventare un ammasso di poltiglia informe e a staccarsi dalle ossa. Di li a poco di quei corpi non sarebbe rimasto più nulla. Forse si sarebbero salvate le ossa… forse.
Il lampadario a sfera si mise in funzione, risucchiando il sangue che sgorgava dal corpo delle giovani donne. Il rosso divenne ancora più scuro. Un rosso passionale e maligno. La luce che diffondeva nella stanza assunse quel colore dando l’impressione che le pareti sanguinassero. L’atmosfera mutò radicalmente. L’aria che era già stata resa irrespirabile dal calore dell’acqua e dall’odore di carne bruciata, diventò ancora più pesante. Sembrava composta da anime sofferenti.
Quando delle donne crocifisse rimasero soltanto le ossa, le cascate invertirono il loro corso, come se qualcuno nascosto altrove avesse premuto il tasto Rewind di un macchinario infernale. Nel silenzio che ora dominava la stanza si percepiva perfettamente il rumore dei frammenti di vetro che grattava sulle ossa lucide. Un rumore sommesso ma terribile. Discese lungo tutto il mio corpo sotto forma di brivido.
I corpi delle donne cominciarono a ricomporsi. Tendini, muscoli e legamenti ripresero il loro posto originale. La pelle rivestì il tutto concludendo il processo di rigenerazione e in quel momento le cascate si fermarono. C’era qualcosa di solenne nella loro fermezza, sembravano…vive. Quello che più sconvolse furono i loro occhi. Erano ancora più terrorizzati e…sapienti. Riuscivo perfettamente a capire che quegli occhi sapevano cosa stesse per accadere, come se fosse un qualcosa che avessero visto milioni di volte. Forse miliardi…
D’istinto osservai il grosso lampadario a sfera sopra di me. Il sangue che aveva risucchiato dalle povere vittime l’aveva riempito per metà e ora sembra ribollire al suo interno. Per un istante mi parve di vederlo pulsare, come se quel macabro pezzo d’arredamento fosse il cuore di tutta la stanza. C’era qualcosa di strano in esso. Era come se la mia mente fosse attratta da quell’enorme boccia di vetro ripiena di sangue. Sentivo un calore speciale nascere all’interno del mio corpo. Quel calore raro e unico che ci avvolge quando siamo padroni e vittime di una passione ardente, che divampa come fuoco leggendario. Protesi le mani verso di lui, volevo toccarlo, dovevo toccarlo. Sentire la sua superficie liscia scivolare sotto i miei polpastrelli umidi. Mi allungai il più possibile. Ancora un poco e…
Lo sfiorai e una sensazione oscura mi avvolse, come se avessi accarezzato un peccato carnale. Il mio corpo cominciò a fremere, godendo di quell’emozione provocandomi un orgasmo. Il sangue all’interno della sfera si divise in due come le acque del mar rosso al passaggio di Mosé. Ribollirono e sussultaroon fino a dar vita a due forme umanoidi che iniziarno ad avvinghiarsi l’un l’altra, fondendosi e dividendosi. Sanguigne creature che si accoppiavano. Osservavo rapito quella scena. La sensualità di quei corpi liquidi era incommensurabile. Si esibivano nel loro accoppiamento con macabra disinvoltura e più il loro ritmo aumentava e più la sfera pulsava. Percepivo il suono che emetteva, come un tamburo suonato nelle profondità di una grotta. Pulsava e pulsava, senza sosta.
Scoppiò con un rumore liquido e secco, come una persona che si schianta di pancia sulla superficie dell’acqua. Il sangue innondò la stanza, mischiandosi alle cascate. Alcune gocce caddero sul pavimento corrodendolo con estrema facilità. Un sottile filo di fumo nero risaliva dalla superficie corrosa emanando un odore venefico. Le cascate, che ora non erano più cristalline ma di un color cremisi, tornarono a scorrere. Questa volta più violente e crudeli che mai. La forza con cui aggredivano le donne era tale che brandelli di carne cominciarono a danzare per tutta la stanza. I frammenti di vetro, con macabra precisione, tagliarono ogni tendine e legamento rendendo inermi i poveri corpi, che tuttavia rimanevano vivi e coscienti. I loro, immobili ed inespressivi emavano urla stranzianti, dando l’impressione che fosse l’anima stessa a gridare nel tentativo di mettere fino a tutto ciò. Tuttavia il processò si concluse lentamente, molto lentamente.
I secondi sembrarono passare al ritmo dei secoli, ma alla fine tutto cessò.
La porta per la stanza numero nove attendeva. Sentivo che non mi rimaneva molto tempo…dovevo sbrigarmi.
Mi arrampicai sui freddi pioli della scala esterna in fretta e furia e arrivai di fronte alla nuova stanza. Come per le altre sulla porta c’era un orologio. A forma di Scorpione questa volta e le lancette erano entrambe bloccate sul numero otto.
Varcai la soglia. Strano a dirsi ma in quel momento quasi non mi importava nulla di quello che sarebbe accaduto all’interno. Volevo solo giungere alla fine di tutto al più presto.
La stanza si presenteva buia, fatta eccezione per un grosso lampadario a sfera al centro che emetteva una flebile luce rossa.
La voce metallica riecheggiò come in ogni altra stanza e per l’ennesima volta la lingua fu diversa. Una lingua incomprensibile. Tuttavia pensai che il discorso fosse sempre lo stesso.
Concluso il breve discorso tutto ebbe inizio.
Improvvisamente la stanza venne illuminata a giorno rivelando la sua vera faccia. A differenza di tutte le altre aveva una forma sferica. Donne prive di vestiti erano crocifisse alle pareti. Erano vive ma i loro occhi sembrano privi di qualsiasi emozione. Occhi che avevano visto l’inferno e ne erano sopravvissuti.
Cascate cristalline cominciarono a scorrere lungo le pareti in senso alternato. Un fumo azzurrognolo si librava dall’acqua invadendo la stanza. Le donne investite dal flusso iniziarono a gridare e a contorcersi con movimenti deformi. Gli schizzi d’acqua danzarono per tutta la stanza e quando uno mi arrivò addosso compresi una cosa. L’acqua era bollente e…
E c’erano dei vetri. Minuscoli frammenti affillati danzavano all’interno dell’acqua.
Mi portai il più possibile al centro della stanza, posizionandomi quasi sotto al grosso lampadario.
I corpi delle donne cominciarono a ustionarsi. L’acqua scorreva lenta, come se volesse infondere un pizzico di eleganza in quella atrocità. La pelle dapprima si arrosava, poi vere e proprie bolle iniziarono a diffondersi su tutto il corpo. Si formavano e venivano lacerate dai frammenti di vetro. Perle di sangue si perdevano nel colore cristallino delle cascate. Si muovevano come se respirassero. E loro urlavano. E’ impossibile descrivere il suono di quelle urla. Erano come migliaia di angeli che venivano bruciati dalle fiamme dell’inferno. Più la pelle si deformava e più le urla aumentavano d’intensità. Quando tutto il corpo diventò un ammasso informe, la pelle si staccò definitivamente emettendo un rumore viscido. I corpi scarnificati si mosserò convulsivamente sotto l’acqua bollente che diventava sempre più rossa. I muscoli esposti al getto cominciarono ad annerirsi mentre i tendini e i legamenti si spezzavano. E le grida diventavano sempre più strazianti. Il suono entrava nelle mie orecchie come un gigantesco ago rovente e lo sentivo conficcarsi nel cervello. L’avrei ricordato per sempre. Il sangue scorreva a fiumi e i fasci muscolari cominciavano a loro volta a diventare un ammasso di poltiglia informe e a staccarsi dalle ossa. Di li a poco di quei corpi non sarebbe rimasto più nulla. Forse si sarebbero salvate le ossa… forse.
Il lampadario a sfera si mise in funzione, risucchiando il sangue che sgorgava dal corpo delle giovani donne. Il rosso divenne ancora più scuro. Un rosso passionale e maligno. La luce che diffondeva nella stanza assunse quel colore dando l’impressione che le pareti sanguinassero. L’atmosfera mutò radicalmente. L’aria che era già stata resa irrespirabile dal calore dell’acqua e dall’odore di carne bruciata, diventò ancora più pesante. Sembrava composta da anime sofferenti.
Quando delle donne crocifisse rimasero soltanto le ossa, le cascate invertirono il loro corso, come se qualcuno nascosto altrove avesse premuto il tasto Rewind di un macchinario infernale. Nel silenzio che ora dominava la stanza si percepiva perfettamente il rumore dei frammenti di vetro che grattava sulle ossa lucide. Un rumore sommesso ma terribile. Discese lungo tutto il mio corpo sotto forma di brivido.
I corpi delle donne cominciarono a ricomporsi. Tendini, muscoli e legamenti ripresero il loro posto originale. La pelle rivestì il tutto concludendo il processo di rigenerazione e in quel momento le cascate si fermarono. C’era qualcosa di solenne nella loro fermezza, sembravano…vive. Quello che più sconvolse furono i loro occhi. Erano ancora più terrorizzati e…sapienti. Riuscivo perfettamente a capire che quegli occhi sapevano cosa stesse per accadere, come se fosse un qualcosa che avessero visto milioni di volte. Forse miliardi…
D’istinto osservai il grosso lampadario a sfera sopra di me. Il sangue che aveva risucchiato dalle povere vittime l’aveva riempito per metà e ora sembra ribollire al suo interno. Per un istante mi parve di vederlo pulsare, come se quel macabro pezzo d’arredamento fosse il cuore di tutta la stanza. C’era qualcosa di strano in esso. Era come se la mia mente fosse attratta da quell’enorme boccia di vetro ripiena di sangue. Sentivo un calore speciale nascere all’interno del mio corpo. Quel calore raro e unico che ci avvolge quando siamo padroni e vittime di una passione ardente, che divampa come fuoco leggendario. Protesi le mani verso di lui, volevo toccarlo, dovevo toccarlo. Sentire la sua superficie liscia scivolare sotto i miei polpastrelli umidi. Mi allungai il più possibile. Ancora un poco e…
Lo sfiorai e una sensazione oscura mi avvolse, come se avessi accarezzato un peccato carnale. Il mio corpo cominciò a fremere, godendo di quell’emozione provocandomi un orgasmo. Il sangue all’interno della sfera si divise in due come le acque del mar rosso al passaggio di Mosé. Ribollirono e sussultaroon fino a dar vita a due forme umanoidi che iniziarno ad avvinghiarsi l’un l’altra, fondendosi e dividendosi. Sanguigne creature che si accoppiavano. Osservavo rapito quella scena. La sensualità di quei corpi liquidi era incommensurabile. Si esibivano nel loro accoppiamento con macabra disinvoltura e più il loro ritmo aumentava e più la sfera pulsava. Percepivo il suono che emetteva, come un tamburo suonato nelle profondità di una grotta. Pulsava e pulsava, senza sosta.
Scoppiò con un rumore liquido e secco, come una persona che si schianta di pancia sulla superficie dell’acqua. Il sangue innondò la stanza, mischiandosi alle cascate. Alcune gocce caddero sul pavimento corrodendolo con estrema facilità. Un sottile filo di fumo nero risaliva dalla superficie corrosa emanando un odore venefico. Le cascate, che ora non erano più cristalline ma di un color cremisi, tornarono a scorrere. Questa volta più violente e crudeli che mai. La forza con cui aggredivano le donne era tale che brandelli di carne cominciarono a danzare per tutta la stanza. I frammenti di vetro, con macabra precisione, tagliarono ogni tendine e legamento rendendo inermi i poveri corpi, che tuttavia rimanevano vivi e coscienti. I loro, immobili ed inespressivi emavano urla stranzianti, dando l’impressione che fosse l’anima stessa a gridare nel tentativo di mettere fino a tutto ciò. Tuttavia il processò si concluse lentamente, molto lentamente.
I secondi sembrarono passare al ritmo dei secoli, ma alla fine tutto cessò.
La porta per la stanza numero nove attendeva. Sentivo che non mi rimaneva molto tempo…dovevo sbrigarmi.