Terzo Giorno
Anche questa notte è passata.
Non posso dire di aver dormito bene, anzi, è stato un sonno molto disturbato da incubi nefasti. Nei sogni vedevo me alle prese con quella semplice e bianca scatola. La sentivo vibrare, pulsare, come se al suo interno un grosso cuore sanguinolento pompasse malvagità. Le mie mani tremavano sempre di più mentre tentavo di avvicinarle all’oggetto, comune, ma al quanto misterioso. Dentro di me avvertivo piccole scariche elettriche, una tensione immensa, accompagnata da un dolore sopportabile seppur fastidioso. Pensieri sconnessi e privi di lucidità si moltiplicavano nella mia mente. Pensieri simili a cani idrofobi che da un momento all’altro piantano le loro zanne malate e giallognole nel cervello. Le sentivo calde e frenetiche mentre masticavano quella molle poltiglia grigiastra. Il dolore aumentava sempre di più, ma mai abbastanza da farmi perdere i sensi. Volevo aprire quella scatola, ma i dubbi su cosa potesse nascondere erano troppi e troppo minacciosi. Avrebbe potuto nascondere qualsiasi cosa.
Un vaso di Pandora lasciato per me da Richard Lancaster, ma sicuramente più pericoloso. Una volta aperto non sarebbero uscite la gelosia, la malattia, la vecchiaia e la pazzia, ne tantomeno la speranza, come dal mitologico vaso greco. Assolutamente no. Mostri e tenebre forse, se non qualcosa di così peggiore da non riuscire neppure a immaginarlo.
Alla fine però, proprio come Pandora, cedetti alla curiosità e scoperchiai la scatola. Un’infinità di vermi verdognoli, grossi quanto un pollice, eruttarono fuori da essa come se fossero stati vomitati. Strisciavano sul pavimento, accalcandosi l’uno sull’altro in una disgustosa danza. I loro corpi viscidi si gonfiavano e sgonfiavano come un respiratore, dando l’impressione di poter esplodere da un momento all’altro. Tentai di allontanarmi facendo un passo indietro e avvertì sotto la suola il rumore liquido di migliaia di vermi che vengono schiacciati. Un liquido biancastro circondò i loro corpi appiattiti, espandendosi per l’intera stanza e avvolgendo gli altri invertebrati. Iniziò a ribollire come brodo, poi da quel liquido putrescente scapparono fuori delle piccole ombre. Strisciarono fulminee sulle pareti e svanirono.
Tutto svanì. L’incubo è cessato ed io sono sveglio. Sento i miei respiri affannosi e sono ricoperto di sudore. Ho già controllato la stanza, tutto è in ordine, ovviamente. Per quanto possa essere parso reale, è stato tutto solo un brutto sogno. Da piccolo facevo moltissimi incubi come questo, merito di Lovecraft e colleghi.
Ricordo ancora quando mi svegliavo nel cuore della notte urlando, sveglio e felice di essere scappato dalle grinfie di qualche deforme mostro alieno che solo la mente geniale di Lovecraft può descrivere. Quell’urlo era colmo di terrore, spaventoso. Eppure mi manca.
La mia mente sta già iniziando a proteggersi, ricreando rumori immaginari. Uno stupido tentativo di ricreare una realtà ormai morta e sepolta. Io cerco di fermarla, di impedirgli di compiere una simile sciocchezza, per non perdere almeno il senso della realtà, per quanto essa sia crudele.
-.-. --- … .- … - .- … ..- -.-. -.-. . -.. . -. -.. --- --.- ..- .. ..--..
La mia bocca è impastata ed ho un bisogno assoluto di bere. La paura di fare le cose sta lentamente abbandonando il mio corpo. Questo non vuol dire che io ora sia tranquillo, solo che sono chiuso qui dentro da tre giorni e ancora non è successo nulla. O quasi.
Ho deciso di fare un altro giro per la casa, stavolta più accurato. E’ possibile che ci sia un modo per uscire o qualche cosa lasciata qui da un eventuale visitatore precedente. Terrò sempre gli occhi aperti.
Le stanze si presentano tutte arredate in maniera elegante e raffinata. Ci sono quadri appesi ovunque, rappresentanti scene varie, che vanno dalla tipica natura morta, alla battuta di caccia, fino ai ritratti. Ho guardato dietro ad ognuno di essi, alla ricerca di un intagliatura nella cornice, un foglietto di carta o qualsiasi altra cosa.
Nulla. Niente di niente.
Ho esaminato anche ogni cassetto, ho sfogliato ogni libro presente in soggiorno. Non uno straccio di niente. Comincio a pensare che il primo ad avere avuto la sfortuna di mettere piede qui dentro sia io.
La fatica di cercare dappertutto mi ha fatto venire fame. L’idea di aprire il frigo non mi piace molto, non dopo quello che ho visto nell’incubo, ma devo farlo. D'altronde era solo un brutto sogno.
Ho tremato lo ammetto. Appena la plastica della maniglia del frigorifero è entrata in contatto con la mia mano ho avuto un brivido. Ma ho aperto lo stesso. La luce bianca dell’interno splendeva sulla scatola in maniera invitante. I miei occhi per un attimo vengono rapiti da quel gioco di luci e riflessi, come incantati da uno spettro maligno. Osservano la scatola, alla ricerca di un movimento, un battito, un qualcosa (qualunque cosa) che possa far maggiore chiarezza su quella scatola.
Immobile.
Forse dovrei aprirla. Forse all’interno non c’è altro che una torta con gli auguri di Richard Lancaster. Forse il fatto di averla vista vibrare è stato uno scherzo della mente, come per l’ombra.
Forse…
Ho preso altre mele e ho richiuso, prima che la curiosità mi spinga a fare qualcosa di cui pentirmi. Mi sento esattamente come Pandora.
Scrivo queste parole sui fogli bianchi, mentre la mia mente freme dalla voglia di aprire quella scatola. Quel comune ma misterioso oggetto si è impadronito della mia mente. L’ha sedotta e stregata. All’interno di me c’è una lotta tra la forza di volontà e la ragione. Una lotta pari, al momento. Non voglio cedere alla curiosità, perché troppo spesso porta a scoprire cose che sarebbe meglio lasciare nascoste. Come questa casa, per esempio. Solo la mia curiosità, la mia fottuta curiosità, mi ha spinto qui. E ora sono bloccato in questo posto malvagio, anche se apparentemente innocuo.
Un attimo. Ho appena sentito un rumore. Un rumore. E’ stato troppo reale per essere uno scherzo della mia mente. Ho sentito come…bussare. Forse qualcuno ha trovato la casa, forse da fuori possono aprire la porta. Devo fermarlo prima che entri. Scriverò su un foglio che ho bisogno d’aiuto, di provare ad aprire la porta dall’esterno ma di non entrare. Se dovesse entrare ci ritroveremmo entrambi chiusi qui dentro.
Devo muovermi…
Non posso dire di aver dormito bene, anzi, è stato un sonno molto disturbato da incubi nefasti. Nei sogni vedevo me alle prese con quella semplice e bianca scatola. La sentivo vibrare, pulsare, come se al suo interno un grosso cuore sanguinolento pompasse malvagità. Le mie mani tremavano sempre di più mentre tentavo di avvicinarle all’oggetto, comune, ma al quanto misterioso. Dentro di me avvertivo piccole scariche elettriche, una tensione immensa, accompagnata da un dolore sopportabile seppur fastidioso. Pensieri sconnessi e privi di lucidità si moltiplicavano nella mia mente. Pensieri simili a cani idrofobi che da un momento all’altro piantano le loro zanne malate e giallognole nel cervello. Le sentivo calde e frenetiche mentre masticavano quella molle poltiglia grigiastra. Il dolore aumentava sempre di più, ma mai abbastanza da farmi perdere i sensi. Volevo aprire quella scatola, ma i dubbi su cosa potesse nascondere erano troppi e troppo minacciosi. Avrebbe potuto nascondere qualsiasi cosa.
Un vaso di Pandora lasciato per me da Richard Lancaster, ma sicuramente più pericoloso. Una volta aperto non sarebbero uscite la gelosia, la malattia, la vecchiaia e la pazzia, ne tantomeno la speranza, come dal mitologico vaso greco. Assolutamente no. Mostri e tenebre forse, se non qualcosa di così peggiore da non riuscire neppure a immaginarlo.
Alla fine però, proprio come Pandora, cedetti alla curiosità e scoperchiai la scatola. Un’infinità di vermi verdognoli, grossi quanto un pollice, eruttarono fuori da essa come se fossero stati vomitati. Strisciavano sul pavimento, accalcandosi l’uno sull’altro in una disgustosa danza. I loro corpi viscidi si gonfiavano e sgonfiavano come un respiratore, dando l’impressione di poter esplodere da un momento all’altro. Tentai di allontanarmi facendo un passo indietro e avvertì sotto la suola il rumore liquido di migliaia di vermi che vengono schiacciati. Un liquido biancastro circondò i loro corpi appiattiti, espandendosi per l’intera stanza e avvolgendo gli altri invertebrati. Iniziò a ribollire come brodo, poi da quel liquido putrescente scapparono fuori delle piccole ombre. Strisciarono fulminee sulle pareti e svanirono.
Tutto svanì. L’incubo è cessato ed io sono sveglio. Sento i miei respiri affannosi e sono ricoperto di sudore. Ho già controllato la stanza, tutto è in ordine, ovviamente. Per quanto possa essere parso reale, è stato tutto solo un brutto sogno. Da piccolo facevo moltissimi incubi come questo, merito di Lovecraft e colleghi.
Ricordo ancora quando mi svegliavo nel cuore della notte urlando, sveglio e felice di essere scappato dalle grinfie di qualche deforme mostro alieno che solo la mente geniale di Lovecraft può descrivere. Quell’urlo era colmo di terrore, spaventoso. Eppure mi manca.
La mia mente sta già iniziando a proteggersi, ricreando rumori immaginari. Uno stupido tentativo di ricreare una realtà ormai morta e sepolta. Io cerco di fermarla, di impedirgli di compiere una simile sciocchezza, per non perdere almeno il senso della realtà, per quanto essa sia crudele.
-.-. --- … .- … - .- … ..- -.-. -.-. . -.. . -. -.. --- --.- ..- .. ..--..
La mia bocca è impastata ed ho un bisogno assoluto di bere. La paura di fare le cose sta lentamente abbandonando il mio corpo. Questo non vuol dire che io ora sia tranquillo, solo che sono chiuso qui dentro da tre giorni e ancora non è successo nulla. O quasi.
Ho deciso di fare un altro giro per la casa, stavolta più accurato. E’ possibile che ci sia un modo per uscire o qualche cosa lasciata qui da un eventuale visitatore precedente. Terrò sempre gli occhi aperti.
Le stanze si presentano tutte arredate in maniera elegante e raffinata. Ci sono quadri appesi ovunque, rappresentanti scene varie, che vanno dalla tipica natura morta, alla battuta di caccia, fino ai ritratti. Ho guardato dietro ad ognuno di essi, alla ricerca di un intagliatura nella cornice, un foglietto di carta o qualsiasi altra cosa.
Nulla. Niente di niente.
Ho esaminato anche ogni cassetto, ho sfogliato ogni libro presente in soggiorno. Non uno straccio di niente. Comincio a pensare che il primo ad avere avuto la sfortuna di mettere piede qui dentro sia io.
La fatica di cercare dappertutto mi ha fatto venire fame. L’idea di aprire il frigo non mi piace molto, non dopo quello che ho visto nell’incubo, ma devo farlo. D'altronde era solo un brutto sogno.
Ho tremato lo ammetto. Appena la plastica della maniglia del frigorifero è entrata in contatto con la mia mano ho avuto un brivido. Ma ho aperto lo stesso. La luce bianca dell’interno splendeva sulla scatola in maniera invitante. I miei occhi per un attimo vengono rapiti da quel gioco di luci e riflessi, come incantati da uno spettro maligno. Osservano la scatola, alla ricerca di un movimento, un battito, un qualcosa (qualunque cosa) che possa far maggiore chiarezza su quella scatola.
Immobile.
Forse dovrei aprirla. Forse all’interno non c’è altro che una torta con gli auguri di Richard Lancaster. Forse il fatto di averla vista vibrare è stato uno scherzo della mente, come per l’ombra.
Forse…
Ho preso altre mele e ho richiuso, prima che la curiosità mi spinga a fare qualcosa di cui pentirmi. Mi sento esattamente come Pandora.
Scrivo queste parole sui fogli bianchi, mentre la mia mente freme dalla voglia di aprire quella scatola. Quel comune ma misterioso oggetto si è impadronito della mia mente. L’ha sedotta e stregata. All’interno di me c’è una lotta tra la forza di volontà e la ragione. Una lotta pari, al momento. Non voglio cedere alla curiosità, perché troppo spesso porta a scoprire cose che sarebbe meglio lasciare nascoste. Come questa casa, per esempio. Solo la mia curiosità, la mia fottuta curiosità, mi ha spinto qui. E ora sono bloccato in questo posto malvagio, anche se apparentemente innocuo.
Un attimo. Ho appena sentito un rumore. Un rumore. E’ stato troppo reale per essere uno scherzo della mia mente. Ho sentito come…bussare. Forse qualcuno ha trovato la casa, forse da fuori possono aprire la porta. Devo fermarlo prima che entri. Scriverò su un foglio che ho bisogno d’aiuto, di provare ad aprire la porta dall’esterno ma di non entrare. Se dovesse entrare ci ritroveremmo entrambi chiusi qui dentro.
Devo muovermi…